Pagine

domenica 9 novembre 2014

80 - l'essere e lo spirito di gruppo

Non cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore. (Albert Einstein)

                              

Lo scopo delle dinamiche del lavoro in team, è quello di investigare sulle ragioni profonde del comportamento umano al fine di individuare in che modo possano ridursi ostilità e pregiudizio. Ma utilizzando al meglio spunti e ricerche di quest'area della psicologia, può essere di grande supporto anche per diffondere una cultura più orientata all'altruismo, alla generosità, alla condivisione degli obiettivi e al rafforzamento dello spirito di squadra. Un team, un'azienda o una famiglia, sono solo parole vuote sè non contemplano persone con un valore condiviso ed una predisposizione a saper essere di supporto concreto agli altri.

Per poter ora meglio comprendere certe dinamiche di gruppo, è importante partire dalla cognizione che ognuno ha del team di appartenenza. Possiamo distinguere due tipi di cognizioni che ci aiutano a capire e agire al meglio nel team, entrambi queste cognizioni mobilitano il pensiero come fonte primario di ogni azione. Parliamo in questo caso di cognizione derivata dal pensiero veloce e automatico, e cognizione dovuta al pensiero controllato. 

Fermo restando l'importanza delle vere intenzioni di ognuno (cosa di non poco conto), Il pensiero è la fonte primaria di ogni comportamento. Il primo è quello che interviene quando agiamo senza l'intervento della consapevolezza. Il secondo, è quello che agisce in sintonia con la coscienza. Questa ultima, entra in funzione, in particolare quando dobbiamo prendere decisioni importanti. I due pensieri possono anche operare all'unisono portando solitamente ottimi risultati.
  
I due pensieri, isolati o in armonia tra loro, sono sempre presenti nella nostra vita. Essi entrano in gioco, in particolare quando ci si deve adattare a nuove situazioni o attività. È bene sapere che l'adattamento o meno di una persona ad un gruppo, accade solo se è quando questa valuta gli altri, le situazioni e gli sviluppi futuri in sintonia con i propri valori, obiettivi e modelli culturali.

Per comprendere come si evolvono le leggi che regolamentano i membri in un team, bisogna saper intercettare e interpretare oltre alle intenzioni, anche la motivazione che alimentano il pensiero di ogni membro di una squadra. Capacità di ascolto attivo e presenza mentale, sono strumenti molto preziosi per chi deve lavorare su un progetto con il ruolo di leader.

Per sentirsi o meno parte integrante e attiva di un progetto condiviso, agli inizi, l'accettazione avviene di norma grazie ad una sorta di “analisi automatica dell’ambiente", ma successivamente, è poi il pensiero razionale "contaminato" dalle emozioni che guida ogni azione nel bene e nel male. 

Tenere sempre tutti con la mente all'erta, in presenza mentale, e proiettati sul fine comune, è il mimino su cui concentrarsi. Verificare di continuo che ognuno "sia sul pezzo" è di grande aiuto per tutti. Fare tutto ciò senza mai perdere di vista gli obiettivi da raggiungere, agendo con intelligenza emotiva e intelligenza sociale sempre in equilibrio, porta solo vantaggi ai singoli, al gruppo e chiaramente al progetto sul quale si è impegnati.

Non sono però solo le persone che bisogna saper curare. 

Ciò che conta moltissimo è anche "l'ambiente e il clima" che si registrano nei rapporti tra le persone. Queste sono cose che vanno monitorate con molta attenzione. Pochi sanno leggerle con equa distanza emotiva per valutare oggettivamente ogni variabile in mutamento. 

Ambiente e clima, alimentano e contemporaneamente subiscono, intenzioni positive e negative dei singoli e le relative motivazioni manifeste o meno che siano. Appena si respira "aria" di lassismo o di tensione, il progetto ... "perde" verve e quindi tempo prezioso, il perdurare della mancanza di consapevolezza del clima, fa si che il gruppo prima o poi si sgretola.

Per non commettere errori di valutazione, oltre che l'osservazione, è bene anche considerare e conoscere la storia individuale come è vissuta da tutti nel gruppo. Da non sottovalutare, come si percepiscono e come essi si siano "posizionati" rispetto ai loro colleghi. 

Ogni sana integrazione, è sempre figlia di una sana e coerente intenzione e motivazione di ogni persona. Presenza, frequenza di contatto ed eventi ad hoc ben gestiti mirati a creare spirito di gruppo, agevolano i legami. Questo lavoro però, non deve voler dire perdersi in discorsi e parole, contano esempio e comportamenti congruenti in ogni grangente operativo.

Esperienze precedenti e conoscenze che ognuno ha vissuto all'interno del team, sono fattori utili che un manager deve monitorare per lo più in "silenziosa meditazione". Considerare che tuttavia, il sentirsi parte o meno "della famiglia", è una modalità che avviene in maniera non conscia, non intenzionale e senza sforzo. Attenzione e prudenza per saper aiutare davvero la crescita dei singoli e del gruppo, sono azioni da tener sempre in programma, in particolare quando si parla di obiettivi e organizzazione.

Saper creare cause e condizioni che agevolino situazioni nuove e positive collegate alle diverse esperienze precedenti, permette un utilizzo positivo di schemi mentali che permettono di organizzare meglio la conoscenza del mondo sociale, in termini positivi e legati ai fini del gruppo. 

Questi schemi mentali, sono strutture potentissime che influenzano profondamente le informazioni che la mente registra con cura. Sono quei processi su cui prima riflettiamo e poi successivamente ricordiamo per pensare e agire. Come si crea una struttura mentale aiuta a non disperdersi.

Approfondiamo ora l'origine di tutto ciò: il pensiero, ossia l'architetto degli schemi mentali. Da qui vedremo anche alcune conseguenze di non poco conto sulle quali riflettere.


I pensieri e le loro conseguenze

Quando alcuni pensieri automatici accadono nei membri di un team, essi portano spesso a creare anche stereotipi. Numerosi esperimenti, in particolare negli ambiti della psicologia sociale, hanno dimostrato che gli stereotipi influiscono in maniera notevole sulle percezioni, e portando non di rado a comportamenti distorti ed errati. 

Se questi schemi, possono portarci a creare una visione distorta del mondo, in realtà non bisogna demonizzarli, poiché in contemporanea, essi sono talvolta fondamentali per poter affrontare le situazioni nuove con maggiore cura e rapidità. 

Gli schemi mentali sono strumenti che hanno il potere di ridurre l’ambiguità interpretativa, aiutano a selezionare e sintetizzare le informazioni che ci vengono dal mondo esterno. In tal modo, in maniera immediata, intelligenza sociale ed emotiva, delle nostre esperienze, conoscenze e cultura interpretano il mondo che ci circonda. Il problema quindi non è lo stereotipo in sé, bensì il potere che gli si dá, talvolta con grande leggerezza e automatismo.

La scelta dello schema da applicare riguardo le diverse situazioni, dipende dall’accessibilità che ognuno ha delle informazioni disponibili. A parte quindi l'accuratezza che bisogna avere nel far circolare le info che servono, bisogna saper bene cosa sia l'accessibilità e cosa essa comporti.

Esistono due tipi di accessibilità. Una è quella che funziona in base all’esperienza passata: e questi sono schemi sempre accessibili; un'altra è quella che si attiva in base ad un evento contingente che ha fissato uno schema in memoria. In questo caso l’accessibilità può essere temporanea, e indotta. Nei processi di comunicazione interna e nella formazione, l'attenzione all'accessibilità non va trascurata.

Pertanto nella gestione delle informazioni da far circolare, in particolare quando c'è bisogno che una cosa sia eseguita da più membri di un team per un cambiamento circosritto, o da tutti per una richiesta di impegno maggiore dovuto a qualsiasi motivo (trasparente) bisogna non sottovalutare: 

1) che le persone hanno sempre delle aspettative rispetto ad un altro individuo col quale si relazionano;
2) che tale piccolo dettaglio del punto 1, influenza il modo di agire nei suoi confronti;
3) che le aspettative del punto 1, influenzano sistematicamente la risposta dell’individuo, il quale difatti, adotta comportamenti coerenti con le attese, facendo in modo che queste diventino vere.

Avere coscienza e responsabilità di un ruolo, quanta responsabilità e profondità deve considerare? L'ego nemico assoluto che inganna ogni esistenza, per chi ricopre ruoli di responsabilità in un gruppo, è sempre monitorato? I punti di debolezza hanno azioni cautelative sempre vive e presenti?

Questo fenomeno precisato nei tre punti sopra elencati, può comportare delicate conseguenze a volte difficili da monitorare. Questo, soprattutto per chi è vittima di aspettative negative (una per tutte, senza dubbio è la "profezia che si autoadempie" vedi post 79). 

La cultura in cui siamo cresciuti è una fonte fondamentale per i nostri schemi, e influenza notevolmente ciò che notiamo e memorizziamo del mondo. Una seria formazione permanente con un meticoloso piano didattico di elevato valore, in ogni struttura organizzata con visione e mission chiare e perennemente in evoluzione per essere sempre in armonia con la storia è strategica. 



L'euristica del giudizio 

Nella ricerca, l'euristica si pone il fine di agevolare nuove modalità affidandosi all'intuito per acquisire nuove conoscenze. È un termine che si usa quando la ricerca di una soluzione di ostacoli non segue procedure sempre chiare. 

In questo caso il termine in questo post lo si utilizza per approfondire cosa accade quando i nostri schemi mentali non si rilevano adeguati, o quando ne abbiamo troppi che potrebbero andare bene. 

In questi casi, bisogna tener conto che cadere facilmente nell’incertezza non è vista poi tanto improbabile. Ecco che in tal modo, spesso impieghiamo la scorciatoia dell’euristica del giudizio. 

Quando gli schemi mentali vanno in tilt per i motivi detti, entra in campo l'euristica e questa funziona e porta anche ottimi risultati. Tuttavia in tantissimi casi, può rivelarsi inadeguata portando a giudizi errati e a conseguenti azioni che deviano dalla realtà per quella che essa è. Cos'è l'euristica del giudizio? 

Tanto per cominciare è un processo del pensiero automatico. Non nasce dal nulla, prende vita proprio perché il pensiero controllato richiede energia e motivazione elevata. Pertanto, per tale motivo, spesso lasciamo che sia quello automatico a gestire le cose. Ma non è che per caso, il pensiero controllato si sia arreso forse troppo presto a trovare un algoritmo giusto?

Questo per esempio accade sistematicamente quando non si è particolarmente motivati ad analizzare un messaggio. Ma avviene anche quando le conseguenze coinvolte nel giudizio, non sono state valutate importanti nell’attivare o meno il pensiero controllato. Sembra pura teoria astratta, ma quante volte in un'organizzazione per tali motivi si finisce col diventare generici e superficiali?

Alcune teorie sostengono che le persone sono “programmate” per credere automaticamente a tutto ciò che vedono o sentono. Ciò fa parte di un meccanismo fondamentale per la vita sociale. In un gruppo è un tema molto delicato da gestire in tantissime varie occasioni.

Il più delle volte, ciò che vediamo e sentiamo, quando non è vero, l'accettazione iniziale si verifica inconsapevolmente e senza impegno o intenzionalità. Il giudizio e la non accettazione sono invece frutto dell’elaborazione controllata. Ma questo avviene, sempre che le persone abbiano l’energia e la motivazione per attivarla. Se ciò non avviene, si può arrivare talvolta ad accettare delle falsità.

Altra cosa da essere coscienti, è cle le persone si impegnano spesso a ragionare su cosa sarebbe potuto succedere se le cose fossero andate diversamente. La facilità con cui si riesce ad annullare il passato, pensando ad esiti alternativi, può produrre un impatto notevole sulle spiegazioni che ci diamo del passato e sulle emozioni collegate, ma anche queste allontanano sistematicamente dalla realtà.

Più è facile “annullare” mentalmente un esito, e più forte è la reazione emotiva ad esso. Alcuni generi di esiti sembrano facili da evitare o modificare, non tanto perché lo siano realmente, quanto per la facilità con cui li possiamo annullare mentalmente. Questo spesso è la causa di tantissimi problemi in ogni tipo di gruppo. Qui il management deve essere rigoroso affinché la realtà non si perda mai di vista.

Le abilità cognitive del pensiero umano possono portare a grandi risultati in ogni ambito, ma non di rado, anche a compiere errori fondamentali. La vita è piena di insidie, le emozioni hanno bisogno di tanta attenzione, la mente spesso si può perdere anche per nulla.

Viste le conseguenze a volte letali del ragionamento umano, ci si deve porre il problema di come rimediare. Nelle dinamiche relazionali e nella formazione, insegnare alle persone come migliorare le proprie inferenze aiuta tantissimo. 

Uno dei possibili metodi è quello di spingere le persone a considerare con maggiore attenzione e presenza mentale le loro capacità di ragionamento: spesso infatti ci sentiamo infallibili non tanto per sicurezza della nostra intelligenza, ma perché guidati dall'ego che ci illude di ciò che non siamo.

Un'altra possibilità è quella di insegnare alle persone alcuni dei principi statistici e metodologici fondamentali relativi al ragionamento in funzione agli obiettivi di squadra. In ogni intervento, talvolta la mia fissazione di trovare strumenti di controllo lo trovo esagerato, tuttavia poi, ben presto mi ricredo.


Io, sé ed ego nel team

In un gruppo, un "Io" stabile dei diversi componenti agevola l'efficienza e l'efficacia del progetto su cui si lavora, esso crea anche stabilità emotiva e buon "clima".

L'Io è quella struttura della psiche deputata alla gestione del contatto dei rapporti con la realtà. Il suo potere, è quello di organizzare e gestire gli stimoli ambientali e le relazioni con il mondo esterno. Esso è anche il soggetto principale della consapevolezza.

Il Sé invece, definisce la persona nella sua totalità rispetto all’ambiente. L'Io lo possiamo vedere come un sotto insieme inscritto nel Sé. 

In un team, un "Io" stabile percepisce contemporaneamente sé stesso/a senza auto inganno, ed entra in relazione equilibrata con altre persone (con il "loro" Io), distinguendole come "non-Io". Gli effetti del sé, riguarda il come dirigere pensieri, sentimenti e comportamenti adeguati che "l'Io" ha elaborato.

La mente umana è una struttura molto complessa, essa per essere in perfetto equilibrio, deve poter stabilire un confine e contemporaneamente far si che interdipendano Io e Autostima, possibilmente senza passare per l'Ego. Chiarire ora cosa sia l'Autostima mi sembra rigoroso. 

Essa è tutto quello che proviamo per noi stessi nel modo di rapportarci con la vita nelle sue diverse sfumature. È una sorta di energia fortemente influenzata dalle emozioni e dalle motivazioni. È sana quando è forte e solida, ma non va mai confusa con l'Ego.

Altra cosa ancora è l'Ego. Questo è una forma primordiale di "Io" mai cresciuto, e quindi fissandosi ad uno stato infantile, continuamente è orientato all’affermazione di sé, e sempre pronto ad alimentare ogni forma di potere reale o addirittura immaginario. 

Il fattore più deleterio dell'ego, è quello di alterare la realtà del proprio potenziale e i fatti del mondo esterno. Cosa questa semplicemente inquinante nel lavoro di squadra.

Io, Sé, Ego e Autostima, si manifestano in particolare nelle varie forme comunicative. All'interno di un gruppo è sano considerare sempre una serie di fattori che mettono in moto le relazioni in fase comunicativa. Vediamo cosa può accadere quando uno parla, ammesso che abbia ben chiaro in mente cosa intenda trasferire attraverso la sua comunicazione:

1) Una cosa è ciò che si vuole dire
2) Una cosa è ciò che si dice
3) Una cosa è ciò che l'altro sente
4) Una cosa è ciò egli ascolta
5) Una cosa è ciò che di fatto comprende
6) Una cosa è ciò che alla fine trattiene

Non male direi. Quanto importante è sapersi ascoltare? Tuttavia ecco ora un breve diktat per alimentare autostima e fiducia in sé, elemento fondamentale da curare in un gruppo:

1. Fare poche promesse realistiche e realizzarle.
2. Porsi piccoli obiettivi raggiungibili. 
3. Cambiare una piccola abitudine aiuta a raggiungere piccoli obiettivi
4. Grande e apprezzato è il potere della gratitudine. 
6. Imparare a concentrarsi sulle possibili soluzioni ai problemi.
7. Imparare ad essere di supporto ai colleghi in modo disinteressato.
8. Imparare a studiare il problema prima di agire.
9. Agire in positivo verso gli obiettivi condivisi.
10. Evitare di procrastinare.
11. Lasciarsi andare abbassa la stima del sé. Rivedere le abitudini più semplici
12. Agire come se fosse già così come si crede che debba essere una data decisione
13. Usare il ricordo di situazioni passate per affrontare con successo i disagi. Se si fugge difronte ai problemi, il cervello inizia a convincersi che non si è in grado di affrontare la situazione

Tutto questo serve per dare fiducia a sé stessi e al team. La fiducia come sappiamo, non è un fattore razionale, vive nella “neocorteccia”. I meccanismi basilari della fiducia sono insiti nella zona “antica” del cervello, quella che elabora odori, forme e segnali. Essa è un fatto personale, richiede attenzione, sensibilità, un’immagine positiva alla quale non sia disdicevole accostarsi. 


L'importanza di decidere

Altro punto chiave nella gestione di un team. Cosa facciamo quando non sappiamo cosa decidere? Di norma i meccanismi che si utilizzano senza consapevolezza sono:

1) il riconsiderare innumerevoli volte varie opzioni, quando si è quasi arrivati alla scelta finale…un dubbio atroce assale
2) prendono forma le paranoie che frenano ogni azione, si diventa vittime di una sorta di “paralisi”! A questo punto la situazione si evolve  di solito in due direzioni: 
a)  lo “spegnimento“: si rinuncia a prendere decisioni, o si rinviano a data da destinarsi! In questo modo si tampona la situazione disagevole di conflitto interiore, provando una (temporanea e illusoria) sensazione di sollievo.
b)  la “follia“: ci buttiamo “a caso” in una delle alternative, la prima che ci capita davanti, dicendo a noi stessi: “ o la va o la spacca”.

Il non decidere in situazioni critiche in particolare è un aspetto molto delicato da gestire. A volte si ignora che il non prendere decisioni, da solo è già di per sé una scelta. Fattori che rendono così difficili le nostre scelte sono di solito l'avere troppe alternative. In tali circostanze, di solito quando abbiamo diverse opzioni tra cui scegliere, la nostra mente va in confusione, sia a causa di un eccesso di informazioni, sia per mancanza di criteri chiari e univoci su cui valutare ciascuna alternativa. 

Altro  blocco che frena la decisione è dovuto alla ricerca del perfezionismo, cosa che di norma va a braccetto con la paura di sbagliare. Peggio ancora, quando poi non si decide per cercare di fondare la scelta esclusivamente su ragionamenti logico-razionali. Questa a pensarci bene mi sembra ovvio che si rivela nei fatti una scelta…illogica! 

In ogni decisione, è un errore ignorare le emozioni e l’istinto, poiché esse comunque condizionano. Esserne quindi consapevoli aiuta molto. Esse comportano la perdita di preziose informazioni su noi stessi e sul mondo che ci circonda, che normalmente sono cose che sfuggono alla ragione.

Nelle decisioni è vero che usare le emozioni è estremamente pericoloso, ma il saper riconoscerle aiuta non poco. Esse sono mutevoli e instabili. Ma se il nostro cervello è dotato di due emisferi questo significa che possiamo e dobbiamo usarli entrambi, uno a supporto dell’altro, il segreto per farne buon uso, è quello di usarle in modo consapevole e aperto, valorizzando le positive che danno fiducia.

Attraverso l'utilizzo consapevole dele emozioni, abbiamo anche un altro vantaggio. Invece di prestare tutta la nostra attenzione solo alle scelte “importanti” per la nostra vita, in tal modo non trascuriamo quelle piccole scelte che compiamo giorno dopo giorno. Non trascuriamo di fatto, quelle che in modo impercettibile cambiano il corso della nostra vita. 

Le scelte quotidiane, che prendiamo in automatico sono figlie delle abitudini, sono le più pericolose proprio perché non le scegliamo consapevolmente.

Scelte consapevoli: le tre S come ingredienti per aiutarci a non perdere la via. In sintesi:

1) Serenità: 
Nessuna buona decisione può essere presa in un pessimo stato emotivo! Quando siamo sereni e centrati, i nostri 2 emisferi si integrano in modo armonico. 

2) Semplicità: 
Come metodo di discernimento, molto utile potrebbe essere la tecnica dell'analisi dei punti di forza e di debolezza di un problema per farlo diventare opportunità. Un altro strumento potrebbe essere lo scrivere senza filtro tutto ciò che sentiamo in modo da mettere ordine nella nostra testa. Comunque sia, la giusta propensione è sempre quella di riuscire a cogliere solo l’essenziale!

3) Sperimentazione: 
Bisogna darsi un tempo per riflettere ed uno per agire. Utile magari provare in piccolo e testare le decisioni meglio se in un ambiente protetto. L’azione ci aiuta ad uscire dai labirinti della nostra mente. Sperimentando, scopriamo veramente se la nostra scelta ci piace, se ha senso per noi, se funziona, se dobbiamo aggiustare il tiro.

Alla fine di tutto, per far si che vi sia avanzamento positivo del lavoro di gruppo è importante il controllo. Nell'attuare o ecco alcune considerazioni di cui tener conto.

Innanzitutto no valutare ma le personalità, ma solo gli scostamenti tra risultati e obiettivi. Altro aspetto chiave, è quello di favorire l’indipendenza nella individuazione di alternative possibili e fattibili confrontandosi sui problemi e non sulle persone. 

Per far ciò, è importante saper differenziare bene per ognuno ruoli e responsabilità che vanno rinforzati e sostenuti in ogni circostanza. Quello che tuttavia è più funzionale di tutto, sta nell'evitare meccanismi che impediscono la ricerca di soluzioni che migliorano processi e procedure

Nessun commento:

Posta un commento