L'uomo è due uomini contemporaneamente: solo che uno è sveglio nelle tenebre e l'altro dorme nella luce. (Kahlil Gibran)
Tralasciamo in questo post tecnologie, intelligenza artificiale scienza e altro, e osserviamo il fattore umano decontestualizzato da quanto finora trattato. Vediamo che non è tutto oro quello che luccica e ciò che rende affascinante il passaggio su questa terra. Vedremo che tale passaggio, già su questa terra, può essere sia un inferno, sia un purgatorio, sia un paradiso.
Nel fattore umano tutto dipende dalla mente, ma essa lasciata sola, senza cura, senza direzione e senza cuore, può creare molti danni a sé stessa e al corpo. Molti di noi, proprio su questa terra mentre si è in vita, vivono il purgatorio, non di rado l'inferno, pochi sono coloro che conoscono il paradiso.
Il fattore umano, qui vado a leggerlo attraverso 8 dimensioni che sono: cervello e mente; memoria; percezione illusoria; dell'ottusità; dimensioni affettiva emozionale; del mondo del lavoro o professionale che si voglia, concludendo con due ragionamenti sulla coscienza e l'importanza del silenzio.
Avere cervello e mente
Il cervello è una parte della nostra mente, la quale è in realtà un processo complesso che vive attraverso l'interazione e lo scambio continuo con l'ambiente esterno ed interno dell'individuo.
Abbiamo su questo tema tre posizioni principali per capire le cose come sono, e brevemente analizzeremo i tre modelli, per poi però vedere come il fattore umano vive tutto ciò, e cosa può fare per aver vantaggi utili per la propria serena sopravvivenza. Le tre visioni. Una è di grande valore ma più filosofica, una più neuro fisiologica, una fisica.
Abbiamo l'esternalismo che identifica la mente come un fattore dipendente da qualcosa che è esterno al sistema nervoso o al cervello. Si contrappongono a questi primi quelli dell'internalismo, i quali invece ritengono che la mente dipenda solo dall'attività della materia grigia.
Secondo gli scienziati della fisica quantistica infine, (terzo approccio al problema) per comprendere la mente, dobbiamo sapere che qualcosa avccade a livello sub-atomico. In questa ricerca, si afferma che la materia perde le classiche proprietà materiali, e si manifesta come un gioco di forze e di onde.
Per questi studiosi, la conoscenza o percezione che abbiamo delle cose, è un’onda-pensiero che noi dobbiamo controllare, perché ciò che accade comunemente, è che se l’onda-pensiero è piacevole, noi diciamo “io sono contento” e se l’onda-pensiero è spiacevole, noi diciamo “io sono infelice”. Ma questa ultima identificazione è falsa ed è di solito causa di ogni nostra incompiutezza.
La conoscenza o percezione che noi abbiamo di ciò che viene dal mondo esterno, è materiale e tangibile, ma questo studiato a livello più micro, corrisponde però all’immateria. Tale concetto apparentemente astratto, trova fondamento nella fisica subatomica che da Albert Einstein in poi si riconosce composta da particelle definite come onde dalla fisica quantistica.
In pratica possiamo dire che noi, al pari di un sasso, siamo fondamentalmente immateriali e costituiti da onde. Quello che compare ai livelli più grossolani della materia attraverso il mondo delle manifestazioni fisiche, è solo la superficie di una verità molto più complessa. La mente fa parte di questo tutto, e condiziona ogni posizione e azione umana.
In questo blog, più modestamente, vorrei solo limitarmi però a come possiamo imparare a a conoscere la natura della nostra mente, al fine di immaginare un fattore umano un po' più consapevole di sé e di come conviene rapportarsi con la realtà attraverso l'ausilio della mente.
Il fattore umano è un qualcosa che io vedo fragile e sento spesso impaurito. Tutto accade perché insicurezza, paura e condizionamenti esterni, a dire il vero, non è che diano poi tanta tranquillità. Se il nostro stile di vita per giunta dà molta importanza al mondo sensoriale, e in tal modo ci facciamo condizionare emotivamente da questo, e ciò diventa molto pericoloso.
Il fattore umano, è facile che si trovi a vivere più momenti senza controllo di sé stessi. Capire la natura della propria mente, dovrebbe aiutare sia la salute mentale, sia quella fisica. Nella mente, la cosa certa, è che la radice delle emozioni perturbanti e altalenanti, creano non pochi disequilibri.
Il rapporto mente nel fattore umano non è cosa da poco. Quando siamo assorti nel mondo dei sensi, tutto passa sotto il controllo dell’attaccamento, e in tal modo inconsciamente, a questo punto non vi è opportunità né tempo per potersi occupare della realtà della mente.
Tale situazione è la causa di conflitti, perdizione della mente, disequilibri vari ecc. Quando la mente incontrollata prende il predominio e va a briglie sciolte, essa diventa un cavallo non domato, che per giunta si agita in una meravigliosa cristalleria, la quale, rappresenta qui la bellezza della vita nelle sue diverse fragili forme.
Memoria
Questa è alla base della storia, dell'educazione, della cultura e della sensibilità che condiziona non poco una persona fin dalla nascita. Questo è il luogo attraverso il quale tutto passa da generazione in generazione, e dove tutto si conserva per essere utilizzato come deposito della propria conoscenza.
In questi ultimi anni in particolare, i neuroscienziati hanno dimostrato grande interesse per lo studio della memoria, l hanno fatto vedendola come elemento essenziale dell’organizzazione strutturale della coscienza e dell’inconscio. È ritenuta in pratica il luogo da dove parte l'essenza comportamentale e la personalità di ogni umano.
Esperienza e condizionamenti esterni, sono gli elementi di input, che la mente utilizza come riferimento, lo fa al fine di collegare il tutto con quello che va a pescare di conosciuto nella memoria. In tal modo, elabora il tutto in maniera inconscia o consapevole, e da qui prende decisioni.
Chiaramente, maggiore sono le analisi coscienti, tanto più le azioni conseguenti hanno lo scopo di dare significato e compiutezza alle cose, ai fatti e alle idee che le persone vivono. In tal modo nuove conoscenze ed esperienze, rifiutano, rinnovano e/o rivedono quanto depositato in precedenza in memoria, e continuamente nel tempo, si arricchiscono e si conservano rinnovate in essa.
In questo processo, l'apprendimento è un elemento straordinario che consiste nel richiamare nella mente quanto attraverso l’esperienza e la memoria, è transitato nel sistema neuronale. Secondo gli psicologi innatisti, tutte le capacità umane sono presenti nel cervello fortemente interconnesso, ma che tuttavia però, restano in attesa di essere selezionate in rapporto alle esperienze di crescita e agli stimoli che vengono dal mondo esterno.
Attaccamento, apprendimento e sviluppo, sono aspetti della stessa realtà che entrano in gioco. È in questo modo che poi i geni, l’ambiente, la selezione e l’istruzione contribuiscono alla strutturazione del cervello e alla formazione del Sé. Questo famigerato sé, emerge dal prodotto delle varie connessioni che si vengono a creare nel cervello (connessioni sinaptiche) e da vita alle cose.
Un aspetto importante della memoria, riguarda la modulazione dei ricordi da parte dell’emozione. La memoria non ha un’unica sede cerebrale, ma si situa in diversi nuclei e aree che sono tra loro interagenti. Il problema della relazione mente-cervello è legato ai percorsi evolutivi della specie e dell’individuo.
Il delicato problema dell'ottusità
Limitatezza, scarsa acutezza di mente e di spirito. Cosa comporta ciò? Tutto di solito parte dalla frustrazione che è uno stato psicologico risultante da un mancato o inibito soddisfacimento di un bisogno per cause esterne o per conflitti interni al soggetto che porta a creare a sua volta uno stato di depressione o di aggressività, conseguente a ripetute delusioni o umiliazioni.
L’ottusità è figlia delle emozioni negative e scatena facilmente egoismo, auto riferimento, insensibilità, immaturità, incapacità di uscire dalla visione soggettiva della realtà. L’ottusità, in sintesi costruisce nel fattore umano, quelle caratteristiche che portano a non avere una visione oggettiva delle situazioni.
La cosa più delicata, è che in questi contesti, l'ottuso crede che le proprie scelte siano effettuate per il bene di chi ama, senza rendersi conto che quello che fa è visto solo attraverso i suoi occhi, con una visione soggettiva e non con una visione distaccata. Per questo motivo, perde quindi elementi importanti e agisce attraverso il solo suo mondo interiore ammalato
Dialogare con persone con un atteggiamento mentale ottuso è difficile. Il suo comportamento presuntuoso, lo porta a credere di avere sempre la verità in tasca, e lo fa diventare arrogante e a porre sempre le proprie condizioni basate esclusivamente sulle proprie esigenze personali. Tale persona non considera minimamente le esigenze di chi gli sta intorno
Tali persone sono portate a mancare di rispetto innanzitutto alle persone che dicono di amare. Tali atteggiamento alimentano quindi la causa iniziale delle frustrazioni, e in tal modo, cadono in un circolo vizioso. Così, essi ammazzano ogni energia e li fa sentire continuamente umiliati, delusi, amareggiati e sfiduciati. Che fare in un mondo dove l'ego la fa sempre più da padrone, e dove il narcisismo invadente diventa immagine da curare?
Solitudine per scoprire l'ottusità
Vivere a volte nella solitudine è l'occasione per combattere il turbinio dei pensieri e l’inerzia. La mente in tal modo diventa come uno specchio di ciò che si è. Attraverso questi momenti, si può vedere che quando l’ottusità dei continui pensieri spesso inutili si calmano e la nebbia scompare, le forze segrete in noi vengono allo scoperto.
Momenti di solitudine sono fondamentali poiché in queste circostanze il silenzio diventa l'ascolto per andare incontro alla realtà della vita e conoscere in tal modo cosa essa intende comunicarci.
Vivere sempre proiettati verso l'esterno difficilmente induce la persona a conoscersi. Quando vivi nel silenzio sei obbligato a conoscerti perché in vero contatto con te stesso e con tutte le debolezze che affiorano dalla interiorità per essere affrontate.
La dimensione affettiva emozionale
In genere, dare poca attenzione ai propri stati emotivi e vivere a basso regime di consapevolezza con le esperienze, aiuta l'esistenza ad esser prigioniera di un continuo ciclo vizioso fatto di illusione, frustrazione, delusione, sofferenza, nuova illusione e via cosìI
Un approccio inconsapevole verso il presente e il valore delle esperienze, lascia il potere prevalentemente alle percezioni condizionate dalle sole emozioni. Questo fa trascorrere solo velocemente il tempo della vita, dove a prevalere sono abitudini acquisite ed ereditate. In tal caso, a lasciare il segno nel nostro "dna", restano solo pochissimi significativi fattori tipici della natura del mondo non vegetale poco onorevole per chi nasce umano.
Le esperienze relative alle relazioni affettive, sono un capitolo a parte ma non vanno escluse nel fattore umano fatto di un continuo mix di gioie e dolori. Quando si è semplicemente schiavi degli impulsi ad intensità variabile delle emozioni, nel tempo lasciano il segno appena vaghi ricordi ambigui, in questi casi, si esalta la distorsione della mente agganciata solo a ciò che si desidera senza apprezzare e coltivare ciò che si ha.
Questo mondo, l'umano deve saperselo conquistare, gestire e godere per quello che è così com'è. Ma per dar brio alla misera esistenza, preferisce vagare tra incoscienza e superficialità, tra paure, momentanee passioni, e giornate fatte ora di noia, ora di cattivi o bei pensieri a seconda degli umori del momento. Nulla di più. Il tempo intanto passa così.
Sempre nella sfera delle relazioni, possiamo dire che quando le esperienze sono solo fisiche, lasciano spesso appagamento sottile di più o meno breve termine. Alcuni addirittura vivono ciò con una variegata scala di sfumature fatte di vaga insoddisfazione perenne, e con la speranza che il/la prossimo/a risolverà ogni desiderio non sempre ben precisato.
Quando invece abbiamo esperienze relazionali affettive significative e consapevoli, si condividono e si cercano di rendere pregevoli vari progetti e intensi i momenti. Qui il principio del caos o dell'equilibrio possono prendere diverse forme, modalità e dimensioni. Ma se poi queste esperienze relazionali di questo tipo qui in considerazione sono mutevoli e nevroticamente compatibili, creano disorientamento non sempre ben esprimibile e diventano solo di facciata.
Quando poi abbiamo invece relazioni intrise di abitudini consolidate, queste fanno solo spegnere ogni luce vitale pia piano nel tempo. Quando sono finte e formali o dettate dalla paura di qualcosa e prevalentemente solo per tale motivo perdurano, allora se non si è nella fase di vecchiezza e in linea più o meno diretta con la fine del ciclo vitale, di sicuro spengono non la luce, ma la vita molto prima che la morte venga a prenderci per mano.
Dagli affetti al lavoro
Quando poi si parla della dimensione autorealizzativa, qui le cose si complicano. Innanzitutto pochi sono coloro che han la fortuna di realizzare se stessi nel mondo del lavoro, chi vi riesce, o perde la dimensione del suo sé, o è davvero un fortunato.
In questa dimensione umana, oltre alla distorsione delle emozioni, entrano in gioco anche aspetti legati all'autostima, al concetto di bisogno che si ha in mente, alle aspettative sognate, desiderate o calcolate più o meno a dismisura. Un brutto tiro lo lanci il bisogno d'immagine che ci si costruisce per dare spessore alle proprie competenze, non manca il sottile lavoro dell'ego e all'ambizione nel bene e nel male. Non è da sottovalutare dignità e prospettiva di visione della vita che se non ben ponderate portano o alla frustrazione o all'insoddisfazione permanente.
Nel contesto professionale, bisogna fare attenzione ai dettagli. Per capire meglio talune sfumature, in particolare se poi si lavora con le risorse umane per professione, ciò aiuta più che in altre circostanze a comprendere importanti segnali di personalità nascosta, potenzialità e attitudini apparenti o vere di se stessi e degli altri.
Qui le esperienze contano in funzione del fatto che i risultati oggettivi devono essere determinati da obiettivi precisi. Dove, tanto per chiarezza, per obiettivo si deve intendere non un vago sogno, bensì un numero di qualcosa di preciso e ben identificato, che bisogna attivarsi per raggiungere in un tempo predeterminato e condiviso.
In questo caso, vi è una grande opportunità a imparare a fare i conti con la realtà, poiché, tale obiettivo, va continuamente verificato per considerare eventuali azioni correttive, che devono essere presi in funzione degli scostamenti reali tra quelli ottenuti e quelli programmati.
Nel corso di una esistenza professionale ma non solo, le troppe frustrazioni subite, portano a svalutare la realtà del proprio sapere; i troppi successi spesso creano invece una cornice più bella del quadro. In questi casi, più che mai l'equilibrio lo si dimostra con il senso della misura nel sapersi rapportare ai fatti espressi con un certo grado di equanimità.
In tali contesti, la percezione va analizzata con particolare attenzione sapendo che ogni esperienza è dotata di una realtà molto più profonda e universale di quanto una semplice percezione possa captare da sola. Qui, oltre alla consapevolezza, si impara l'importanza dell'attenzione e della responsabilità. La dimensione del lavoro, insegna anche dignità e valorizzazione di sé e degli altri.
La base delle illusioni: percezioni ed emozioni
Perché le illusioni in un'analisi del fattore umano? Perché questa, è difficile da domare e condiziona a tanti un'intera esistenza. Essa si nasconde in vari contesti e momenti. È complicata disintegrarla. Ci vuole cultura, lavoro e attenzione.
La base delle illusioni, è la percezione. L'illusione spesso si confonde con la speranza non ben valutata. Nella vita, tendenzialmente, sono le illusioni che ci accompagnano per la gran parte del nostro cammino. In tanti, essa è l'essenza per non morire nel vuoto di una vita finta.
Le percezioni, essendo la base delle illusioni, vanno ben comprese, esse sono psicologicamente di origine interna, psichica e quindi soggettive. L'illusione dipende dalla percezione, la quale si può ben comprendere che per sua natura è quindi instabile e mai corrispondente alla realtà.
Percepire non vuol dire vedere o sentire, strutturalmente, essa non ci fornisce una copia fotografica della realtà esterna, ma è semplicemente una funzione psichica che elabora i dati forniti dai ricettori sensoriali, subordinando le singole sensazioni al tutto. Per tanti, prendere tale coscienza è così doloroso, che per tali motivi, non ci si bada.
Forse sarà per la mia professione, ma vedo che in particolare in moltissime aziende e/o organizzazioni, sia estremamente difficoltoso riuscire a gestire la maggior parte delle emozioni distruttive. Una fra le tante è il senso di frustrazione portatrice di illusioni e ottusità.
Ma prima di addentrarci su questo tema, vediamo un attimo anche se in modo superficiale, qualcosa sulle emozioni. Gli psicologi hanno diviso le emozioni in primarie e complesse. Le emozioni primarie sono sette: la paura, la rabbia, la tristezza, l’accettazione, il disgusto, l’attesa e la sorpresa. Dalle combinazione di queste sette emozioni derivano le altre.
L’utilità delle emozioni consiste nel permetterci di valutare nell’immediato se uno stimolo ci sorprende, ci piace o no, se può esserci utile o dannoso ed infine, se siamo in grado di affrontarlo o meno. Da qui, tutto un sistema di lettura per comprendere meglio se stessi e gli altri.
Non mi dilungo su questo tema sia per complessità dello stesso, sia per non dare spazio diverso a questo aspetto rispetto agli altri. Tuttavia, spero di aver enunciato almeno le basi essenziali per evidenziare l'importanza di saperle osservare e gestire.
Due ragionamenti sulla coscienza
Per Gerard Maurice Edelman, biologo statunitense premio Nobel della medicina nel 72, ogni singola percezione è un atto creativo. Egli dice che il cervello ha la caratteristica di poter creare sempre nuove mappe capaci di modificare e affinare ogni esperienza. Perché si trascura ciò nella vita quotidiana per affrontare crisi e caos?
La coscienza di ordine superiore libera l’individuo dalla schiavitù del qui e ora, e gli consente di riflettere e analizzare i propri sentimenti. Grazie a ciò, si può attingere dalla cultura e dalla storia per raggiungere un nuovo ordine evolutivo e una nuova struttura mentale.
Questa per dirla in breve, è solo la parte biologica che ci dice dove l'uomo è giunto con le sue ricerche, e quali spunti può dare la scienza ai lavori per progredire in maniera sana ed equilibrata anche nella gestione delle emozioni.
Come mai risolverà la scienza a elaborare sempre più piccoli strumenti per aiutare l'uomo a comprendere meglio se stesso e strumenti per migliorare la vita di tutti? Passiamo ora alla natura dell’emozione dell'uomo. Cosa fa un'emozione?
Essa ha la proprietà di influenzare i processi decisionali. Ricerche sull'argomento confermano che l'intensità emotiva di una decisione allo stato nascente, si pone in relazione con le memorie emotive relative a pregresse esperienze. Non male.
L'emozione quindi, può essere definita come il processo attraverso cui il cervello determina il valore di uno stimolo. Essa è sempre in rapporto a stimoli esterni e no è possibile esercitare alcun controllo diretto sulle sue risposte.
Inoltre, una volta che le le emozioni sono state provate, divengono il movente di comportamenti futuri per dettare le soluzioni operative al ripresentarsi di emozioni della stessa classe di appartenenza. Matte Blanco (psico analista cileno) sostiene la grande importanza che assume la relazione tra emozione e pensiero, ritenendo che non possa esistere un pensiero che non abbia un legame con l’esperienza emotiva. Anzi, questa precede il pensiero e ne è ‘madre’.
Il fattore umano, perché tratta tale argomento in maniera romantica o come elemento straordinario da vivere passivamente come valore? Non sarebbe più prudente, capirne meglio uso e consumo e in che modo relazionarsi ad esse per evitare lotte inutili e disastri? La coscienza ha bisogno di energia.
Il nutrimento derivante dal silenzio per conoscere le emozioni
Subiamo continui bombardamento di inutili informazioni che sono spesso solo rumori. I mass media contribuiscono non poco alla morte del silenzio. Le persone non sanno più stare con se stessi, fraintendendo l’essere attivi con l’essere indaffarati.
Tutto ciò, porta il fattore umano ad essere fuori da sé stessi e a non essere consapevoli della realtà per quella che è. Senza esagerare, con equilibrio, dico benedetti siano i momenti di silenzio che riesco a trovare, per poter sprofondare negli abissi della mia mente malata.
Si, si scopre che tutti abbiamo una mente malata che ha bisogno della nostra attenzione quando ci si osserva. Spesso capita addirittura che ci si spaventa per il dolore che si vede nel rimanere con se stessi. Occorre tuttavia imparare a sentire il linguaggio muto del silenzio per uscire dalle miriadi ottusità, e per rinsaldare sé stessi con gli altri se si vuol costruire qualcosa. Il fattore umano ne ha bisogno.

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