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domenica 30 marzo 2014

47 - emozioni visione e danaro


Quando ci si trova davanti un ostacolo, la linea più breve tra i due punti, può essere una linea curva. (Bertolt Brecht)

      

In economia causa ed effetto non è un principio che lo si può ritenere secondario. Questa branca di studio, come in tutte le scienze umane, sa bene che il presente ha radici nel passato. Tuttavia, molti studiosi di questa materia dai mille profili, pur sapendo bene tante cose, ignorano spesso che le azioni che si compiono momento per momento, sono i semi dei frutti del futuro. Amano fare i profeti, ma nessun economista mai che abbia indovinato qualcosa nei tempi giusti, tali da far prendere dovute precauzioni nel lungo termine ... a qualche politico. 

Un economista deve tener conto di molte variabili. Gli effetti economici che stiamo vivendo, sia nel bene, sia nel male, sono dovute a causa di scelte passate. Ciò che ci circonda, è la risultante di una cultura di una grandissima parte della società (e conseguentemente della politica), che aveva come obiettivo comune, quello di difendere uno status quo, figlio di un sogno di boom economico ritenuto infinito. Dice nulla il fantomatico debito pubblico contratto e perpetrato in passato? 

Oggi quel debito quali conseguenze mostra, e cosa riesce a far capire alle future generazioni? Questi giovani neppure respiravano mentre si sprecava senza una politica sociale seria, distorcendo in Italia in particolare, fino alla follia le teorie keinesiane. 

Certo che con la nascita dell'Euro, i vantaggi che si potevano avere e le relative opportunità, le abbiamo ormai perse. Metti la nostra superficialità e il farci manipolare; aggiungi l'insensatezza e l'ottusità in chiave sociale della nostra classe dirigente; una bella dose di ladrocinio generalizzato e governato da articolate architetture; quanto basta, di politiche rigorose fatte a uso e consumo dei Paesi nord europei; grandi interessi dei pochi che sanno sempre che fare; non mettiamo da parte le difficoltà che le banche si sono create da sole, dopo aver alimentato un'economia virtuale senza precedenti, e il cocktail avvelenato è fatto. La ciliegina? È le classiche mafie, da sempre Stato nello Stato.

Siamo la risultante di un gioco d'azzardo anomalo, che è servito solo ai grandi giocatori a spese della comunità. Per quanto ci riguarda, come parte lesa, ci hanno danneggiato radici culturali che nel bene e nel male, ci guidano sempre in una visione del breve termine e di piccoli interessi privati. La nostra storia, è accompagnata e alimentata dall'incoscienza e dalla spregiudicatezza dei furbi. Costoro, agiscono senza scrupoli, e poco importa per loro perdere la visione tipica dell'intelligenza del saper agire, in funzione del rispetto della convivenza civile. L'interdipendenza è per noi tutti una parola vaga, senza significato e valore. Da qui la causa del nostro male sociale, politico ed economico.

In economia, solo un folle può ignorare l'interdipendenza delle variabili che determinano la ricchezza non solo economica di una comunità. Eppure, la follia umana non ha limiti! Ecco quindi il motivo per cui la paura traspare in modo preciso, ed ecco il perché non ci sono piani per prospettive per il futuro. Non vi è dubbio, i veri nemici di noi stessi siamo noi con le nostre convinzioni egoiche. I nostri governi, in modo intelligente e senza negare l'evidenza dei problemi, dovrebbero avere maggiore consapevolezza, oltre che maggiore capacità di leadership, onestà, o almeno senso civico. 

Come ho già più volte detto in altri precedenti post, i politici non hanno colpe, essi sono il nostro specchio. Noi siamo la causa e loro sono l'effetto! Se la nostra classe dirigente, per calcolo politico, e per mancanza di progetti e programmi articolati e strutturati, drammatizzano come la realtà, o la negano per volontaria cecità, non dobbiamo quindi stupirci. Tutto nel tempo muta, e ora, anche se vi fossero progetti e programmi, ignorando la mutevolezza delle cose nel tempo e l'interdipendenza tra le variabili che bisogna saper vedere, quei progetti e programmi sarebbero solo carta straccia. 

Nel 2011, il premio Nobel per l'economia, é stato attribuito agli economisti Sargent e Sims per i loro studi su causa ed effetto in macroeconomia. Il concetto di causa ed effetto, già qui trattato in ambito sociologico e in vari altri post, con piacere lo ritroviamo in ambito economico. Esso é un  pensiero molto profondo che ci aiuta anche ad evitare di dividere per principio buoni e cattivi. Inoltre é un ottimo strumento di riflessione per il semplice fatto che responsabilizza tutti ad ogni livello di ruolo organizzativo, e di ogni forma e struttura pubblica e privata. 

Gli studi dei due Nobel hanno approfondito in che modo politica ed economia si trovano ad essere reciprocamente interdipendenti tra loro, e in che modo insieme condizionano le aspettative del futuro. Le aspettative che gli imprenditori hanno sul futuro dell’attività economica e della politica, influenzano aperture di nuove attività, ricerca di nuovi servizi, prodotti e mercati, stipendi, investimenti e risparmio delle famiglie. Allo stesso tempo, essi hanno notato che anche le politiche economiche sono influenzate dalle aspettative legate allo sviluppo nel settore privato. Non male!

Il sistema messo a punto da Sargent e Sims consente di identificare i diversi rapporti di forza e le loro cause, spiegando anche il peso che assumono le diverse aspettative. In pratica, con il loro sistema possiamo verificare gli effetti di politiche economiche non previste, o cambiamenti nella gestione della politica economica. 

Thomas Sargent è nato nel 1943 a Pasadena (California) ed è ora docente presso la New York University. Ha dimostrato come alcune caratteristiche della macroeconomia possano essere utilizzate per analizzare i cambiamenti duraturi in politica economica. Questo sistema può essere utilizzato per studiare le relazioni macroeconomiche quando le aspettative tendono ad adattasi allo sviluppo dell’economia. 

Christopher Sims è nato a Washington nel 1942 ed è ora docente presso la Princeton University. Ha lavorato al modello VAR (Vector Autoregression) per verificare come l’economia sia influenzata dai cambiamenti temporanei in politica economica o da altri fattori. 

Sims, con altri ricercatori, ha applicato questo metodo per esaminare per esempio gli effetti dovuti all’aumento dei tassi d’interesse da parte di una banca centrale. Si è visto che in macroeconomia e  in microeconomica, funzione e vincoli che si intende dare alla finanza, alla cultura e alle aspettative di vita, alla visione di come condividere ricchezza prodotta, spazi fisici a disposizione, servizi e beni di consumo sono un tutt'uno da vedere nel suo insieme. Istituti di credito, politica e istituzioni sono gli strumenti operativi che concretamente mettono in pratica ciò che una comunità vuole condividere, progettare e costruire per un miglioramento continuo delle condizioni materiali e non solo.


Riflessioni

In un villaggio composto da cinque piccoli continenti con i loro vari picchi avvolti da nuvole, a turno questi territori abbracciati dalla luce e calore del sole, o da stelle e diverse forme di lune, circondati da oceani e ghiacciai, mentre insieme viaggiano nello spazio nella stessa galassia, i vari ospiti temporanei, saranno mai in grado di mettere insieme il meglio delle loro culture per condividere una vita in grado di elaborare una condivisione rispettosa di altre? 

La tecnologia e le scienze si stanno mettendo di impegno, lo stesso dicasi alcune delle menti più illuminate delle religioni, purtroppo idem vale per speculatori, finanza fantasiosa e mafie, a chi aspettano politica di fare la sua parte in modo serio, mentre la società civile da sola si arrabatta?

L'unico vincolo davvero brutto sta nel fatto che le persone per sentirsi bene insieme, devono avere un nemico percepito più forte, e se il nemico più forte che tutti abbiamo in comune fosse ciò che ostacola la cultura della consapevolezza e della ricerca dell'equilibrio tra le diversità? Processi mentali e culturali di ogni tradizione fortemente orientati solo ed esclusivamente al proprio ego, non può dare concrete opportunità a tutti. Il nemico non é un partito o un'ideologia. Queste sono cose create ad hoc affinché pochi possano dividere le moltitudini per propri fini.



Considerazioni paralizzanti utili per uscire dalle gabbie

La natura che ci abbraccia con la sua aria, che ci nutre con la sua terra, acqua e sole, é sia maligna sia benigna, ma sempre segue un suo ritmo. I mercati globali hanno fatto dimenticare questo dettaglio. Abbiamo frutta e ortaggi in ogni stagione, ogni cosa viaggia da un continente all'altro senza risparmio in tutti i sensi. Questo fenomeno paralizza non pochi mentre arricchisce taluni. Pensare tuttavia ad una sorta di autarchia forzata sarebbe un vero casino. Ripristinare il vecchio mercato, è impossibile senza altre varie conseguenze dannose per altri motivi.

Intanto la natura dell'uomo però, non si rende conto di essere sempre più aliena dalla natura che lo ospita. Sulla natura dell'uomo, penso che in ognuno di noi si nascondino tre nature, due sono apparenti, una profonda, fa muovere l'economia in funzione della paura del futuro e dell'egoismo. Le due apparenti riguardano come crediamo di essere, e come gli altri ci percepiscono. Quella vera è invisibile ma potente e si chiama incosncio. Essa  ci caratterizza più delle altre senza che noi lo vediamo, facendosi diventare spesso sospettosi degli altri, sempre desiderosi di consumare tutto e subito, ci fa orientare all'accumumolo.

Bisogna tuttavia considerare che, condizioni e cause esterne influenzano molto le tre nature interdipendenti e spesso determinano non poche decisioni diverse tra loro. La natura vera, essendo la più potente, è quella che merita maggiore attenzione da parte della nostra mente consapevole. Essa va continuamente osservata ed "addestrata". In quella vera si nasconde sia la parte malvagia sia la parte nobile di ognuno di noi. Solo una permanente e vera attenzione e cura ai processi della nostra mente, ci permette di innaffiare i semi della nostra parte nobile. 

Questa parte potente della nostra natura umana, se adoperata con coscienza, cultura, attenzione alle variabili interdipendenti, etica e autodisciplina comportamentale, influenza scelte economiche più aperte e più attente ai valori umani e alla comunità. Dovrebbe avvicinarci più alla natura e farci orientare verso consumi più consapevoli e meno influenzabili. Ma questo è un grande problema. Agire in tal senso bisogna lavorarci su e non poco a livello individuale. Non solo, avere tanto equilibrio diventa essenziale. Cadere nel parassitismo, assistenzialismo e bassa propensione al lavoro è facilissimo.

Quella che dobbiamo alimentare serve per dare e avere fiducia su cose, fatti e persone con la dovuta sensibilità e intelligenza sociale, per essere socialmente savi da comprendere quanto tra di noi, tutti interdipendiamo. É la natura dei modelli (non miti) da seguire e osservare nelle loro azioni più che parole. É la natura che io vedo dover sviluppare nell'economia del bene comune.

Le conoscenze superficiali o unidirezionali fanno nascere una natura ipocrita e fuorviante, sono benzina per il motore degli sprechi e avvantaggiano solo disordine. L'economia non può quindi essere vista come entità a se. Essa addirittura oggi porta spesso con sé, desiderio di adulare o essere adulato, compiacere o compiacersi; mix micidiale per falsare la realtà della propria natura e del mondo circostante. Questa é la casa della natura illusoria. Qui la falsa percezione é maestra. Qui passa il tempo, e la vita come nulla sfugge di mano. Natura dei morti viventi che si preoccupano solo di cambiare continuamente maschera mentre desideri e bisogni continuamente si confondono.

La vera natura umana, quella che richiede lavoro individuale, é quella verso la quale bisogna tendere per un'economia del bene comune e di tutti coloro che in qualsiasi modo condizionano la qualità socioeconomica di ogni comunità. La diffusione di una cultura alla natura vera, o a quelle apparenti sono strettamente legate ai differenti  PIL di diversi Stati. 

Tutti i componenti di ogni tribù, reale o virtuale che sia, rispetto al passato, hanno a disposizione mezzi in più e anche la possibilità di contattare (ma possono anche fregarsene, questo é il bello della libertà) chi si desidera per arricchire se stesso/a, il suo luogo, per promozionare i suoi prodotti ed evitare di essere vittima di grossisti o grandi organizzazioni commerciali. 

Con i nuovi sistemi di comunicazione, tutti possiamo arricchire il nostro bagaglio culturale, facendo diventare storia le false credenze e realtà condivisa, ciò che di valido ogni persona o piccola comunità di ogni cultura in ogni dove del nostro piccolo "villaggio terra", può offrire a chiunque lo desideri nel villaggio globale. Non perdere mai questa opportunità deve essere la nostra base di partenza.

Evitare  tutti insieme, che piccoli poteri si industrino per convincerci che c'è bisogno di una mente a capo di tutto ciò riguardo il mondo web, è il minimo indispensabile che ogni individuo di ogni cultura e razza deve impegnarsi a fare! È solo un problema relativo al cambiamento delle credenze. 

Non dico che dobbiamo portare la nostra cultura a chi, essendo in grazia con se stesso e la natura, vuole vivere in santa pace in armonia solo con le sue tradizioni (vedi alcuni posti dell'America Latina, Africa ecc). Siamo tutti liberi di arricchirci confrontandoci con chi si vuole, con chi é diverso da noi, con chi è nelle nostre stesse condizioni, o la pensa come noi in qualsiasi posto del mondo. 

Tutto ciò senza nulla togliere ai vicini, al condominio, al quartiere o alla piazza del paese. Possiamo anche creare nuove tribù virtuali in più, e confrontarci con chi è diverso da noi quando vogliamo e su cosa riteniamo utile. Tutto ciò è indispensabile anche per un'economia del bene comune su larga scala. Quante nuove opportunità di rivedere l'economia abbiamo, non solo a vantaggio di banche, istituzioni fiscali ed altre? Nel frattempo, in che modo rispettare privacy e bisogni collettivi da sostenere economicamente in ogni comunità di ogni cultura e traduzione?

Direi proprio che l'uomo a ragionare ragiona, e lo fa anche con classe e precisione... persino su cose irragionevoli però. Per questo di razionale legato all'utilità c'è al momento ben poco per quanto mi risulta! Come ragiona il mondo della finanza? Come trascurare anche in economia intenzioni e motivazioni? Il comportamento singolo e sociale, senza intenzioni chiare e motivazioni individuali e comuni precise, non crea nulla di ragionevole. 



Conclusioni

In una visione di economia del bene comune, o normalmente anche da mortali cittadini che se ne fregano del bene comune, con la finanza di massa e queste prospettive economiche che ora vanno per la maggiore, quale beneficio ne ricava una comunità? 

Attenzione a non farsi ingannare, questa classe dirigente possiede e sa gestire con sottigliezza sufficiente, spiegazioni, prive di informazioni, dati numerici, statistiche e tabelle! La finanza ad esempio, sa usare i numeri in modo magistrale, tanto da far venire dubbi sul fatto che la matematica sia una scienza quasi esatta. Lavorare con i numeri per creare di volta in volta soddisfazione, ansia, riscatto, astuzia, furbizia e prova di sé, è immorale, conflittuale, e fuorviante per il capitalismo stesso.

Qui si trascurano le dipendenze, la debolezza del volere, i comportamenti miopi, e altre disfunzioni del comportamento umano. Cinicamente parlando, dico con rammarico, che per fortuna dei paesi ricchi, esistono tanti paesi poveri dove in tanti muoiono di fame o di guerra, ci sarebbero altre bocche da sfamare. Il pianeta in natura non può garantire risorse per tutti i suoi ospiti temporanei, sempre più avidi e sempre più numerosi. 

Alcuni di questi ospiti dei paesi ricchi, consumano risorse limitate tre volte in più di quelle di cui avrebbero bisogno, e lasciano alla natura rifiuti indigesti e non sempre da essa riciclabili. Ora tra l'altro, tanti paesi ex poveri, giustamente, anch'essi iniziano a consumere conne quelli ricchi. Voglio vedere quale direzione saprà prendere la nuova umanità. Mi limito ad osservare, non sono io il cinico, in particolare se tale critica dovesse arrivarmi da un giudizio di un benestante di un paese ricco! 

Intanto sta cambiano la geopolitica economica. Tendenzialmente non abbiamo più Paesi ricchi e paesi poveri. Abbiamo ricchi senza confini ovunque, classe media sempre più ridotta al minimo dappertutto, disagiati in ogni dove, poveri, come sempre, in ogni luogo, solo che aumentano in ogni condominio di sogni Stato di ogni parte del mondo.Gran parte di queste risorse primarie della natura, vengono spesso da paesi non storicamente ricchi ma con governati corrotti, corruttibili e conniventi. 

Insisto per una cultura forte fin dalle scuole elementari che orienti ogni bambino ad avere consapevolezza del potenziale e dei processi della sua mente, dell'importanza che deve avere la ricerca dell'equilibrio, il tutto in una logica di etica condivisa, basandosi su attenzione alle intenzioni nel pensare e nell'agire, per dar valore alle azioni, considerandole come base per il proprio futuro.

domenica 23 marzo 2014

46 - rete valore lavoro valori

Il tuo compito è scoprire qual'è il tuo compito e dedicartici con tutto il tuo cuore. (Buddha)

  

Nel quadro del nuovo mondo competitivo venutosi a creare, un modello di riferimento d'impresa più funzionale alla nuova realtà è costituito dalle reti d'impresa. Ogni struttura organizzativa che pensa oggi di poter fare tutto da sola, è fuori dal mondo, e chiaramente fuori dal mercato. 

Ogni giovane che cerca lavoro, non può ignorare quanto seguirà in questo post. Ogni imprenditore di piccola e media impresa, deve necessariamente riconsiderare le sue strategie in chiave di rete d'impresa se vuole puntare al futuro. Competere con professionalità è un gioco di squadra. Pertanto, tutti gli attori del mondo economico produttivo e dei servizi nei vari ambiti, devono rivedere i loro assetti organizzativi, culturali e di visione.

La Rete di Impresa è in pratica un accordo tra diverse organizzazioni, dove ognuna con una mission chiara, già soddisfa precise richieste e già serve con piena soddisfazione precisi bisogni di mercato.  La rete ha successo, se nasce in funzione di nuovi progetti che scaturiscono dal saper osservare i bisogni dei consumatori, o se si sa individuare nuove opportunità di business. Solo per questi motivi, più imprenditori e/o professionisti, formalizzano di volta in volta un "Contratto di Rete" basato sulla collaborazione, lo scambio e l'aggregazione tra imprese. 

Una nuova figura di imprenditore, oggi ha bisogno di diversi profili di collaboratori e partner per dare risposte al cambiamento. Per tali motivi, quanto prima deve emergere una cultura capace di rivedere con uno spirito diverso processi produttivi, mercati e innovazione. Gioco di squadra e solidarietà, sono le linee guida che possono aiutare professionisti specializzati e imprese stabili, ben amministrate, e con una precisa visione di dove si può, e si vuole andare.

Tale quadro di riferimento, richiede da parte di tutti gli attori coinvolti, una grande capacità di visione d'insieme dei problemi, e necessita di una grande energia che sappia tramutare in opportunità ogni negatività. Fare mercato da soli, solo per il fatto che si sa quel che si vuole, e si sa cosa e come fare per ottenere ciò che si intende realizzare, non è più possibile. Un diverso approccio e una chiara visione di organizzazione, di società e di economia deve prendere spazio. 

Lo scopo principale delle Reti di Impresa è quello di raggiungere degli obiettivi comuni e offrire servizi e prodotti di elevato standard competitivo, e potrebbe certamente essere una risposta a quanto fin qui presentato. Non specializzati o generalisti, non hanno più spazi vitali. 

Le normative prevedono per questi tipi di reti, un'ampia autonomia contrattuale, per cui, le aziende possono collaborare attraverso scambi di know-how, prestazioni industriali, commerciali, tecnologiche, o esercitare in comune varie attività di impresa. Tutto ciò prevede evidentemente un sistema di valori condiviso, una gerarchia ben distribuita per ogni progetto, e un sistema informativo che sappia collegare tutti i nodi della rete con efficienza, velocità e semplicità.

Da tempo, in funzione di precisi progetti e obiettivi, le aziende ormai diventano sempre più una sorta di unità autonome ad elevate competenze specifiche e specialistiche collegate tra loro, e sono sempre più interdipendenti tra loro. Esse per conquistare eccellenza e innovazione per soddisfare i bisogni sempre più "sottili e sofisticati" del mercato, attraverso nuovi modelli organizzativi di riferimento, rete o non rete, informalmente, in tante agiscono già in modo integrato e flessibile, spesso senza esserne del tutto consapevoli. In tal modo, si perdono solo varie opportunità in più, essere coscienti di una nuova realtà in essere, premierà senza dubbio il nostro posizionamento internazionale.

Prendere atto della nuova realtà, aiuta molto il nostro sistema interno politico ed economico nazionale. Oggi, un'organizzazione moderna che già opera in rete d'impresa, rispetto a quelle non ancora consapevoli di tale fenomeno, su progetti mirati, prevedendo un'unità di presidio delle specializzazioni di strategie di marketing e finanza, un'unità di gestione della produzione e della commercializzazione che abbia una visione d'insieme del business, e un'unità di coordinamento di progetto, può individuare molti più spazi di opportunità di mercato a livello internazionale, o di nicchia.

In particolare le piccole e medie imprese coscienti del fenomeno, che sempre più si consolidano in tale forma aggregativa, lo fanno anche a causa dei vantaggi visibili che emergono di volta in volta, come ad esempio quelli della riduzione dei costi e della diversificazione dei rischi; quelli di veder maggiore capacità nell'ottenere per ogni progetto un know how specifico e specialistico non a costi fissi; risultato che riescono ad ottenere in tempi brevi con efficacia in vari ambiti; e qualità e tempestività nel dare una efficiente risposta agli stimoli del mercato. 

In tal modo, prima o poi, si scopre anche che si può garantire una flessibilità produttiva in funzione a progetti che possono anche variare con una certa rapidità. Tutte cose serie e importanti, da prendere tutti in assoluta considerazione. Concentrarsi in tale direzione, richiede tempo, competenza, sagacia, coraggio, idee, organizzazione stabile, e risorse ben controllate.

Attraverso tale modalità strategica, con la rete d'impresa, si ottiene anche una razionalizzazione e un calo dei costi di approvvigionamento. Tutto questo, serve per rendere sempre possibile un elevato livello di personalizzazione di ogni servizio e prodotto ad elevato standard qualitativo. Per come si sta presentando la competitività globalizzata, i vantaggi che presenta la rete 'impresa, non è cosa da poco. L'orientamento continuo all'innovazione e alla formazione, è naturalmente un plus che non può essere sottovalutato.

Per realizzare un sistema di rete d’imprese moderno, il cambiamento culturale che si richiede non è quindi da trattare con leggerezza. Se ci fosse anche una politica industriale seria di un governo, sarebbe il massimo. Ma lasciamo perdere questo punto. 

Questo nuovo modo di fare mercato, si deve basare innanzitutto sulla capacità di saper creare e condividere una  chiara visione tra tutti gli attori coinvolti. Imparare a fare veri piani industriali mirati ad ogni scopo e costruirli in modo tale che siano vere mappe da seguire e aggiornare, è un altro piccolo sforzo che anche i piccoli imprenditori devono annoverare tra le variabili importanti da monitorare.

È fondamentale avere un dominio e una chiara trasparenza delle regole del gioco, e bisogna possedere competenze e strumenti idonei per coordinare flussi di comunicazione adeguati. Chiaramente, avere una informatizzazione condivisa che operi in tempo reale, e un'organizzazione flessibile che ragioni per processi e che sia orientata al marketing, non deve essere un altro dato da sottovalutare. 

Tutte competenze queste, che non si trovano facilmente sul mercato, senza che vi sia una politica culturale adeguata e una industriale conseguente si può agire ugualmente anche se con più difficoltà. Tuttavia, non serve aspettarsi nulla da nessuno per agire. Proprio la piccola e media impresa, più di tutti, non deve trascurare questa opportunità e può già agire in questa direzione, senza perdere altro tempo. Andare in internet e attraverso google cercare "reti d'impresa" potrebbe essere un prezioso primo passo per imprenditori, professionisti e giovani ambiziosi.

La logica che muove l'impresa eccellente oggi, deve avere come obiettivo di business quello di saper creare valore al cliente, in tal senso, la rete d'impresa aiuta non poco se la si acquisisce come nuovo modo di fare mercato. Urge imparare anche presto e bene, il come sapersi relazionare con efficacia con gli stakeholder, e  in che modo riuscire a sfruttare con sapienza, le sinergie di tutti coloro che contribuiscono alla creazione di valore. 

Considerando tutto quanto qui esposto, come si può ignorare l'investimento in cultura e tecnologie? Come si può sottovalutare un piano di formazione permanente e qualificato? A cosa serve puntare ancora sulla cultura dell'individualità a discapito della solidarietà?



Bene comune, professioni, professionisti e mine vaganti

In un'economia del bene comune (vedi post 45), oltre le reti d'impresa, abbiamo anche la necessità di costruire una società che sappia fornire loro servizi all'altezza. Una grande rete di professionisti sempre aggiornati e sempre in contatto tra loro in funzione di vari progetti da realizzare, é quello che vedo per uscire fuori dal pantano delle nuove professioni. 

Credo che nella società del terzo millennio, le nuove professioni emergenti, anch'esse debbano rivedere i loro metodi e la loro cultura. È importante che tra i professionisti dei vari ambiti, siano sempre di più quelli che inizino a credere in questi processi di rete, fosse solo, per non sentirsi isole disperse. É altresì fondamentale che tutti trovino forme di integrazione, e che ognuno si percepisca come singolo professionista che si deve anche "addestrare", per essere amplificatore serio e utile dell'economia del bene comune. Lobby, albi professionali e chiusure varie, sono solo il freno per la corsa verso il futuro.



Disabilitare le mine vaganti

Gli anni 80, sono stati l'inizio del boom delle partite IVA, nascevano allora mille professioni, quasi tutte abbastanza originali. Vedi figure come consulente globale, venditore di certificati finanziari atipici, programmatori a volontà e informatici, giornalisti di vari nuovi media, consulenti e formatori in differenti ambiti, vari tipi di psicologi, grafici esperti di computer, ingegneri con nuovi impieghi, architetti specializzati in mille rivoli, e chi più ne ha più ne metta. Tutta questa nuova gente, si è inventata di tutto e di più, ma tutto è cresciuto in modo disordinato creando non pochi problemi.

Oggi tanti di queste nuove professioni, sono ormai persone senza consapevolezza di essere professione di una categoria ben identificabile, altri sono solo zattere portati dalle maree degli oceani. Ognuno tende ad essere diverso credendosi davvero unico e irripetibile, e questo di sicuro non serve a nessuno. Si è creato un inferno di mestieri tali, che è ormai difficile districarsi per capire davvero "cosa può dare, chi a chi". Così non è più possibile andare avanti, in realtà, in tanti sono solo mine vaganti agevolatori di confusione. Solo gente iper specializzata oggi può avere un senso nelle professioni, e di iper specializzazioni utili, ve ne sono davvero tante.

In una società civile in continuo mutare, serve un po' più di rispetto sia nei confronti delle vere nuove professioni, sia per quello che davvero le imprese hanno bisogno. Le associazioni professionali in tal senso, dovrebbero avere una politica più aperta, e dovrebbero davvero essere capaci di saper aggiornare i senior e orientare in modo concreto i giovani professionisti. 

Le aziende, a loro volta, dalle loro associazioni, dovrebbero essere messe nelle condizioni culturali di imparare a pagare il dovuto, sapendo sempre distinguere quando si ha bisogno di un dipendente, quando di un professionista a tempo, quando di un consulente, quando di un servizio in outsorcing nel breve termine e per cosa, nel medio termine per cosa, e lo stesso dicasi per il lungo termine. Solo apparentemente tutto ciò esiste, in realtà è invece un gran casino. Bisogna disinnescare queste mine vaganti che tanto male fanno alla nostra economia e alla nostra dignità.

Le associazioni tutte, al momento, o sono una sorta di sindacati senza potere negoziale vero e senza nessuna competenza specifica di supporto, o sono solo lobbies politiche da strapazzo, o sono centri di potere per pochi che personalmente, tentano tramite queste strutture di accalappiare committenze. 

Che fare? Sarei determinato a non avere una mente ristretta legata alle opinioni di moda. Mi sforzerei di essere aperto alla visione profonda della realtà nel suo continuo mutare, e facendo attenzione anche alle esperienze degli altri Stati virtuosi, con umiltà coglierei l'occasione di fare una vera rivoluzione.



sabato 15 marzo 2014

45 - lavoro e nuove opportunità

Gli errori, come pagliuzze, galleggiano sulla superficie: chi cerca perle deve tuffarsi nel profondo. (John Dryden)

                                      

É evidente che in questo veloce progredire degli eventi, delle tecnologie e della scienza, l'uomo deve correre, e non è facile avere sempre ben presente in ogni circostanza, intenzioni chiare e attenzione alle conseguenze delle proprie azioni, mentre tutto intorno muta in una rete sempre più interconnessa. Essere nel qui e ora diventa fondamentale. 

Bisogna che tutti, senza perdere umanità e buon senso, con saggezza, acquisiscano una cultura della strategia che sappia tener conto delle profonde riflessioni che portano a fare la teoria del caos (vedi post 14 "le sfumature del caos") e la teoria dei giochi (che quanto prima vorrei trattare in un post). Se interessati, intanto suggerisco il video che segue sulla teoria dei giochi del premio nobel Nash http://youtu.be/SrkCL7QrKkg

Nel caotico correre in tutte le cose del mondo moderno, intanto, non tutti possiamo diventare sofisticati strateghi, matematici o fisici. Pertanto, ognuno deve imparare a difendersi a modo suo dai nuovi modi pervasivi che sta assumendo una nuova forma di dispotismo che il nuovo potere sta lentamente costruendo mattoncino dopo mattoncino. Ma questa difesa, senza una appropriata coscienza e cultura adeguata, diventa solo un chiudersi in se stessi e ciò non è il massimo.

Il mondo produttivo si sta sviluppando in modo caotico in ambiti sempre più competitivi, e in tali circostanze, ogni sistema organizzativo aziendale che si rispetti, più riesce a crescere e ad adeguarsi alla velocità dei tempi, e sempre meno ha bisogno di lavoro umano inteso nel senso classico del termine. 

Riguardo il lavoro, continuamente nuove opportunità nascono e muoiono alla velocità della luce. Questo non è cosa da poco conto, e come fenomeno non va sottovalutato. Tutto corre troppo velocemente, e nel frattempo si dà persino per scontata la democrazia. 

Taluni centri di potere, in maniera subdola, lentamente tendono a dare forma a nuove piccole, continue, diverse limitazioni della libertà individuale. La privacy di ogni singolo, pian piano si limita in modo più o meno palese.

Ognuno preso dai tanti problemi, aumentati anche a causa di una crisi economica dura e di lungo corso, qualcosa di importante inizia a sfuggirgli di mano giorno dopo giorno. Si è tutti impegnati nella lotta per la sopravvivenza, nella strenua difesa di qualcosa che si possiede, o chi può, nell'accumulo e protezione di quante più risorse possibili.

Tutto accade solo per il miraggio di una vita dignitosa, mentre fa paura il presente, e quasi nessuno osa più pensare ad una società serena in futuro. Chi tenta di farlo, brancola nel buio, e spesso è senza linee guida condivise, e senza un progetto di visione democratica della comunità.

In tale contesto di riferimento, intanto mi sembra il minimo diffidare di chi dice che le cose debbano essere messe in poche mani per essere meglio gestite evitando inutili sprechi. A fare tali affermazioni, sono già in tanti in ogni dove. La classe dirigente, lo fa capire sempre in varie occasioni, tra silenzi e parole dette e non dette. Ciò che muove tutto per costoro, più che responsabilità per il bene comune, sembra essere difesa di uno status quo. 

Oggi viviamo così tanto nell'oblio del presente e nella paura del futuro, che anche chi non ha nulla da difendere, tuttavia teme di perdere quel nulla che possiede. Vediamo cosa mi passa per la mente, in funzione di quanto leggo e seguo, e in relazione alle informazioni che per motivi professionali mi passano tra le mani.



Democrazia e nuovi sbocchi

Sono un fautore della scuola di elevata qualità, per una cultura e formazione di alto standard. Credo nei principi del reciproco rispetto multiculturale, e ogni valore positivo deve passare a livello più capillare possibile e in ogni area del sociale. Tutto deve sempre considerare in modo intelligente ed umano, le nuove tecnologie, web e media classici che operano in ogni ambito formativo. 

Pensare all'agenda digitale (un piano di formazione per acquisire tutti competenze digitali), investire subito nella banda larga (internet stabile e veloce per tutti) e familiarizzare con le competenze della realtà virtuale, diventa sempre più strategico. Questo, in particolare nei campi della formazione per adulti e della didattica classica scolastica e universitaria. 

Anche se purtroppo se ne parla poco, la virtualità ad esempio, ormai è presente in tutte le forme di ricerca scientifica ad ogni livello; pertanto, a chi si aspetta ad investire in questi ambiti e ad avviare una spinta anche nei consumi dei mercati di massa in questa direzione? Come fare che tutto questo know how non sia per una ristretta minoranza?

É vero, qualcuno potrebbe temere che la realtà virtuale tenderebbe facilmente a sovrapporsi alla realtà per quella che è. Ma è pur vero che in psicologia abbiamo strumenti e supporti abbastanza adeguati per insegnare immediatamente nelle scuole, su come approfondire in vari ambiti, il tema delicato del valore e significato di realtà in quanto tale. 

Tutti abbiamo bisogno di vedere in modo nuovo la realtà. Si riesce ad immaginare quanto valore economico, investimenti e nuove professioni possono nascere per un miglioramento qualitativo allargato della vita di tutti, solo nell'ambito formativo didattico per esempio? Si riesce ad immaginare quanto ciò possa produrre PIL in futuro con le nuove generazioni in particolare?

L’analisi dell’impiego della virtualità va vista innanzitutto dal punto di vista macro economico: si tratta di un mercato ancora poco identificabile, ma immenso. Spesso la virtualità è ancora vista solo per addestramenti militari, in termini futuristici, raramente è considerata in innovazione su prodotti o processi di produzione. 

La virtualità però, può anche essere cultura che lentamente potrà assorbire tutta la conoscenza e renderla facilmente accessibile alla più ampia rete sociale con i vantaggi che la creatività di ognuno può portare. Certo, vi sarà anche un problema di sicurezza e di malavita organizzata da monitorare. Ma come sappiamo, ogni cosa è sia un bene sia un male, e allora?

Non vi é dubbio che la cultura del software in generale sia ancora molto poco sviluppata, figurarsi il resto. Sono tuttavia ancora tantissime le procedure ripetibili che possono fare a meno dell'intervento umano (che semplicemente sarà impegnato in tutte altre cose). 

Confido molto negli open source, nelle diverse comunità virtuali e nei giovani che non si fermano davanti a nessun ostacolo di questo genere investendo in tal senso, sia nella logica della pluralità, sia nell'innovazione e nella creatività. Prima si inizia ad investire in tali ambiti, prima si ridurranno in futuro masse enormi di disoccupati con conseguenti aggravi socio economico.

Anche l'arte avrà bisogno di tante nuove professionalità, e per quanto riguarda l'Italia come grande centro per la cultura, il tempo libero e le diverse arti tradizionali e nuove che dovrebbero nascere, comporteranno tantissime opportunità. In un Paese a base turistica non è poco il vantaggio di questi tipi di investimenti che non possono essere solo privati senza monitoraggio di governi lungimiranti e seri, oltre che onesti e concreti.

Integrando ricerca e sviluppo con scienza, arte, storia, cultura e innovazioni tecnologiche, si potranno avere nuove forme di ricchezza inventandosi monete e biglietterie elettroniche; scuole di musica, cinema, televisione, danza e teatro della tradizione e del futuro. Oro per il turismo e il Made in Italy. Musei, teatri e i diversi luoghi turistici di arte e natura del nostro Paese potrebbero essere valorizzati dal mondo intero. Tutto ciò non richiede petrolio, gas e non invita a distruggere ambiente e natura.

Ho provato anche ad immaginare un data base di tutte le tradizioni delle varie medicine a disposizione e di tutti gli scienziati del mondo, per metterli in collegamento tra loro. Ciò che mancherebbe sarebbe solo un'etica adeguata a questo nuovo mondo. Ma me tapino, sono solo un uomo primitivo del futuro, e la momento altro non saprei valutare.

Tanti mestieri e professione classiche stanno per morire o si stanno radicalmente trasformando e nuove stanno prendendo forma, se vogliamo possiamo aiutare questo processo e guidarlo con intelligenza sociale ed emotiva. 

In futuro occorreranno specialisti nei servizi alle persone e agli anziani, si svilupperanno chiaramente quelli tecnologici e informatici, molti altri mestieri nuovi prenderanno forma in vari ambiti del commercio, del turismo e della cultura. Non mancheranno evidentemente specialisti del mondo della finanza e dell'ordine pubblico. Per il resto non sembra esserci tanto sviluppo riguardo i vecchi classici mestieri di un tempo. Quelli che resteranno, in ogni caso saranno da rivedere. Perché indulgere?



Una nuova visione dell'economia

L'unica cosa che mi viene in mente riguardo una giusta ed equa responsabilità del nuovo corso dell'umano, é una economia fortemente orientata al bene comune che deve essere vista sempre più come linea guida. Altrimenti la potente integrazione verso tutto quanto fin qui riportato, potrebbe diventare un incubo se dovesse capitare tutto nelle mani di pochi

Ormai gli Stati, governati spesso da lobby e piccoli poteri dislocati e diffusi in varie aree, con la disinformazione e l'utilizzo sofisticato dei media e dei sondaggi, è chiaro che puntano a non voler cedere alcunché di quanto finora hanno usato con maestria a loro vantaggio. 

Noi dobbiamo puntare al progresso allargato, alla cultura diffusa, alla responsabilità della cosa pubblica, all'equilibrio tra etica condivisa tra le diverse culture, la tecnologia da sola farà il resto. Responsabilità, attenzione, etica, consapevolezza del proprio potenziale, e rispetto reciproco, devono chiaramente essere le radici della nuova pianta.

Parlo di economia del bene comune perché trovo che sia straordinariamente adeguata allo scopo di un futuro tutto da crearci insieme. Questi modo di fare economia, si basa molto su formazione della fiducia, cooperazione, stima, democrazia e solidarietà. Valori perfetti in un Paese con le nostre tradizioni e cultura, se vogliamo sforzarci a vedere la parte più nobile della nostra storia, il terreno mi sembra fertile. 

Secondo le più recenti scoperte scientifiche, le relazioni funzionanti tra gli umani sono quelle che portano la massima felicità e la massima motivazione alle persone. In questo tipo di economia del bene comune, il successo economico non si misura esclusivamente su base monetaria. Secondo questo modello, quanto più le imprese agiscono e si organizzano in maniera sociale, ecologica, democratica e solidale, tanto migliori sono i risultati di bilancio che si ottengono. Pertanto, quanto migliori saranno i risultati dei bilanci del bene comune ottenuti dalle imprese nell’economia di un Paese, tanto maggiore sarà il prodotto interno del bene comune. 

Vediamo qualche filmatino sugli albori di questo nuovo auspicabile futuro: dopo aver aperto il file su youtube, salta l'annuncio pubblicitario e vedi l'intervista: http://youtu.be/zomUjQ--EyY Vedi sul sito anche l'indirizzo: www.economiadelbenecomune.it ancora: http://youtu.be/4tOa1Y1ZQ_0

In questo quadro di riferimento, le imprese che hanno dei buoni bilanci del bene comune, devono ottenere vantaggi sul piano giuridico. Abbiamo pertanto sgravi fiscali, mutui agevolati, precedenza negli appalti pubblici e nei programmi di ricerca, eccetera. In tal modo si faciliterebbe l’ingresso sul mercato di attori etici, e i prodotti e i servizi di questi ultimi, diventerebbero più convenienti di quelli non etici, non equi e non ecologici. In questo sistema, il bilancio finanziario diventa secondario e il capitale si trasforma da fine a mezzo. Bisogna assolutamente approfondire questa strada.

Dicono coloro che stanno sperimentando questo percorso, che i profitti nel bilancio possono essere utilizzati per: investimenti (con un plusvalore sociale ed ecologico), estinzione di mutui, accumulo in un fondo di riserva in misura limitata; si ha una diversa ripartizione dei proventi ai dipendenti; i profitti chiaramente non possono essere utilizzati per: ripartizione dei proventi a persone che non lavorano nell’impresa; acquisizioni ostili di altre imprese; investimenti sui mercati finanziari, o finire per finanziamenti ai partiti, (e qui un altro capitolo che non mi va di affrontare).

Dato che in tale sistema di riferimento il profitto diventa un mezzo più che un fine, le imprese che operano in tale direzione, non devono più temere di essere inglobate e non devono crescere solo per essere più grandi, più forti ed economicamente più vantaggiose di altre. Tale rivoluzione copernicana, induce anche a rivedere in chiave diversa la società civille.



Dove andare

Il sistema democratico con questi elementi in gioco passa da rappresentativo per essere integrato dalla democrazia diretta e dalla democrazia partecipativa. Il popolo sovrano in tal senso, deve sempre poter correggere i suoi rappresentanti, e possibilmente deve deliberare direttamente alcune leggi, oltre che aver modo possibilmente, di controllare direttamente i servizi essenziali

Per far conoscere e praticare i valori dell’economia del bene comune fin dall’infanzia, si possono introdurre fin dalle scuole dell'obbligo materie di insegnamento come educazione ai valori, educazione alla comunicazione, educazione al diritto e altro ancora che al momento non mi viene in mente.

Dato che, nell’economia del bene comune, il successo economico avrà un significato completamente diverso da oggi, saranno necessarie qualità di leadership completamente diverse; tendenzialmente saranno richieste e prese ad esempio le persone più responsabili e più competenti dal punto di vista sociale. In particolare, saranno premiate coloro che hanno capacità di condivisione di valori e di empatia, e quelle dotate di un modo di pensare e di un sentire sociali ed ecologici che vanno oltre l’interesse egoistico.



Nuove opportunità per i nuovi capitali e le nuove generazioni

Il capitalismo viene oggi definito come la migliore forma di modello macro economico attualmente possibile. Anche se chiaramente, come tutte le cose, questa è vista come migliorabile per correggere le sue distorsioni ed anomalie. Bisogna ammettere tuttavia, che per certi aspetti, anche grazie alla finanza più che all'economia in sé, il capitalismo sta diventando sempre più una diseconomia.

Vediamo perché. Se siamo d'accordo sul fatto che l'economia debba essere una scienza sociale che studia le scelte razionali per impiegare risorse scarse che possono avere usi alternativi, e se siamo altresì convinti che tutto deve essere fatto allo scopo di produrre vari tipi di beni e servizi per l'uomo, è chiaro che le scelte devono essere poi volte a distribuire questi beni e servizi tra gli individui e i gruppi sociali, in modo da essere da tutti più o meno raggiungibili. Dov'è quindi il problema?

Nessuna industria produce qualcosa che poi non vuole vendere. Il tutto quindi, è fatto per il solo scopo ultimo, di poter fare cose, prodotti e servizi, utili a soddisfare al meglio i bisogni individuali e quelli collettivi più in generale. Ma a chi vende cosa, se non tutti possono acquistare alcunché di quanto si può produrre?

Visto che l’economia è una scienza che cura i bisogni dell’uomo, individuali e collettivi, e considerato che essa cura tutto attraverso scelte razionali, c'è qualcosa che non quadra, visto gli sprechi delle risorse naturali, soprusi e povertà dilagante anche nei paesi ricchi.

Se non si crea un sistema sociale coerente, se si considera la finanza e le banche le uniche depositarie degli equilibri economici e sociali, i grandi capitalisti, le piccole e medie imprese e i professionisti e commercianti tutti, che chiaramente intendono produrre e vendere beni e servizi, che cavolo se ne vogliono fare della loro merce, se sempre meno persone potranno usufruirne? Domandiamoci ora se l'attuale capitalismo ottempera alle premesse fatte

domenica 9 marzo 2014

44 - le "imprese" per sopravvivere

La  corruzione di una repubblica nasce dal proliferare delle leggi. (Tacito)


Da tempo si assiste ad una particolare attenzione alla delocalizzazione da parte di tante imprese di piccola e media dimensione italiana. 

Molti, il passo lo hanno già compiuto, tanti ci stanno riflettendo pensando di farlo quanto prima, o sono in attesa che capiti qualche ghiotta opportunità. Abbiamo tre tipi di delocaluzzazioni. Quella classica delle multinazionali, quelle delle imprese con chiara visione, e quella dei figgitivi. 


Grandi imprese 

Delocalizzazione spinta e capacità di gestire i rapporti con i governi a proprio favore, sono movimenti che da sempre le multinazionali fanno con una certa disinvoltura. Questo di solito avviene poiché le aziende a seguito di proprie strategie frutto di visioni di lungo termine, garantendo al governo politico di turno posti di lavoro più o meno significativi, in cambio ottengono sempre diverse opportunità come terreni a bassissimo costo, sconti fiscali considerevoli, adeguamenti normativi costruiti ad hoc a loro favore, e utilizzo di eventuali risorse primarie del territorio, con clausole di forniture a proprio vantaggio. 

Una multinazionale o grande azienda in genere, quando decide di investire in una zona piuttosto che in un'altra, il piano strategico che determina tale decisione, prevede sempre diversi altri obiettivi di più ampio respiro che vanno oltre il fatturato fine a sé stesso e i soli abbattimenti di costi del lavoro. Queste aziende, con i loro capitali, nel bene e nel male, condizionano quasi sempre la politica e la vita di un popolo. Alla fine, è quasi naturale che questi grandi gruppi, in cambio ottengano una quantità infinita di attenzioni, che evidentemente nessuno governo mai, offrirà ad una piccola e media impresa. 


Chiara visione

Trattasi di un altro tipo di impresa, che cogliendo alcune opportunità in un dato Paese, anche se non ha nessun tipo di potere negoziale, riesce a posizionarsi con successo. Questa è un'azienda con intenti imprenditoriali di ampia veduta internazionale, non agisce per impulso, non è il costo del lavoro il solo motivo della delocalizzazione, e non teme imposte e governo se vi è stabilità politica.

Un imprenditore serio con vocazione internazionale, ha di solito un obiettivo preciso, conosce benissimo l'evoluzione del suo mercato, ha un controllo di gestione oculato, un piano industriale curato, agisce con una visione di ampio respiro, raramente fa tutto da solo, si avvale di collaboratori fidati e competenti. Un imprenditore di questo tipo, non teme i chilometri e non si fida dei paesi né carne e né pesce, anche se con costo del lavoro basso e imposte minime. 

Di norma, questo tipo di imprenditore è un coraggioso innovatore, non teme la globalizzazione, sa trovare il suo giusto posto in ogni luogo che vede come terreno fertile per il suo business. Si adatta con intelligenza a mercato e cultura del posto. Raramente vede il costo del lavoro l'ostacolo alla realizzazione della sua strategia di medio lungo termine, se altri fattori gli danno sicurezza.


Fuggitivi

I Paesi appetibili dalla maggioranza dei nostri imprenditori di questo tipo, sono generalmente paesi poco industrializzati, dove il peso fiscale e il costo del lavoro, nel momento in cui si decide di partire con un nuova attività, sono molto più bassi rispetto a quelli italiani. Tuttavia, possiamo affermare che in una visione di lungo termine, entrambi i suddetti motivi come cause prevalenti della fuga, comportano non pochi problemi sia allo Stato italiano, incredibilmente assente da decenni sulle politiche industriali, sia purtroppo al futuro delle stesse aziende, che preoccupate, vedono in una soluzione di fuga la sola via d'uscita possibile per non perire. 

Questa è di solito gente che al loro lavoro hanno dedicato la loro esistenza. Umanamente, sono quelli che più di tutti viene da proteggere. Tuttavia, sono anche coloro che hanno poca visione e basse risorse. Non sempre sono in possesso di una cultura adeguata e non sempre sono davvero innovativi.

La gran parte dei nostri imprenditori di questo tipo, essendo molto legati alle proprie tradizioni e alla famiglia, la sola fuga per i motivi suddetti, fa correre solo il rischio di avere una dispersione certa di know how. Andare all'estero, esige un profilo di un imprenditore che sappia sempre come muovere ogni leva utile allo scopo in terra straniera, con disinvoltura e competenza. 

Qui, la fortuna o meno ha il suo peso, molto dipende dalla conoscenza che il singolo imprenditore ha della lingua del paese ospitante, delle normative vigenti da rispettare, che però conosce di solito quasi sempre per quanto riguarda i suoi vantaggi prevalentemente dovuti alle politiche fiscali del momento. 



Vediamo alcuni aspetti interessanti da considerare su questo delicato tema. 

Tanto per cominciare, abituati noi a convivere con una burocrazia medioevale, non tutti sanno, che in tanti paesi, si può avviare un’impresa in modo più semplice di quanto si possa immaginare, e questo non è poco. Riguardo le opportunità di mercato, bisogna andare fuori Europa per rischiare meno (chiaramente dipende da azienda ad azienda e al suo mercato) le migliori "occasioni", mi risulta che le possiamo trovare in particolare in Sud America, Asia e Oceania. In ogni modo. Prima di partire, meglio non sottovalutare il clima politico e il funzionamento della relativa legislazione sui diritti di proprietà. Vi sono Governi famosi per una legislazione molto severa nei confronti dei proprietari stranieri. Mi è capitato di vedere più di qualche imprenditore impantanarsi su questi aspetti.

Per una prima raccolta di informazioni, prima di ogni altra valutazione, si può provare a consultare l’indice dei diritti di proprietà internazionale e le schede Paese di ogni Nazione. Superato il primo scoglio, si deve tentare di capire la situazione economica del paese in cui si pensa di mettere in piedi la nuova attività. Ma qui è il caso di approfondire più elementi con specialisti del settore. 

In linea di massima, conviene sempre considerare esclusivamente quei paesi con una crescente classe media, con una bassa inflazione, e con un aumento tendenziale del reddito pro capite. 

Questi fattori, sono generalmente i dati di riferimento da valutare per un buon investimento in un paese con un'economia in crescita. Chiaramente, è strategico avere in mente un piano per conoscere nel più breve tempo possibile la lingua del paese in cui avviare l'impresa, anche al fine di iniziare a seguire prima possibile individualmente ogni tipo di trattativa. È saggio ridurre al massimo i tempi di servizio di interpretariato. Non si possono avere vincoli familiari molto rigidi.



Paesi da monitorare per avviare una impresa

In particolare i giovani che non si fidano del nostro "Sistema Paese", e se intorno alla trentina meglio muoversi, ecco qualche spunto su dove è più facile avviare una impresa. 

I paesi più ambiti quando si ha davvero qualcosa da dire al mondo, sono Singapore, Honk Kong, Nuova Zelanda e Australia. Sono di sicuro questi i luoghi più favorevoli dove avventurarsi con una solida idea e un buon piano. Per chi ha un'idea imprenditoriale, qualche soldo, e abbastanza audacia, anche Panama e Cile sembrano essere abbastanza ambite. 

Hong Kong  e Singapore hanno un tipo di economia molto condizionata dal commercio e dalla finanza internazionale. Tuttavia, entrambi questi paesi, hanno ad oggi una cresciuta del 5% circa rispetto allo scorso anno, e viaggiano con tassi di disoccupazione addirittura intorno al 2/3%.
Tra tutte, senza dubbio alcuno, la Nuova Zelanda sembra essere in assoluto il luogo migliore per avviare un business. Clima politico favorevole, burocrazia non ostativa, normative, politiche fiscali e civilistiche trasparenti e stabili. Questi sono a uni tra i fattori che di sicuro incoraggiano non poco qualsiasi attività imprenditoriale. 

In Europa, è la Danimarca quella che si trova in ottima posizione nella classifica dei migliori paesi dove investire. Qui, è terreno fertile per chi in particolare intende muoversi nel commercio e in ogni idea che coinvolga qualsiasi tecnologia innovativa.

Come si è visto delocaluzzare non è per tutti. Sono molti infatti gli imprenditori delle PMI che per scelte dettate più dalla fuga che dalla strategia, si sono davvero fatti del male sia personalmente, sia nella gestione degli equilibri familiari, sia finanziariamente. 

A parte chi deve scappare per vari motivi di giustizia penale o fiscale, indipendentemente da chi per estero intenda la salvaguardia dei propri capitali da nascondere per vari timori, andare fuori dall'Italia, pensando di diventare competitivi, senza riflettere attentamente come poi presidiare personalmente l'attività sul posto, è rischioso e non per tutti è la cosa più semplice di questo mondo. 

Imitare pertanto in piccolo, le politiche delle multinazionali, senza avere la cultura imprenditoriale di quelli dalla "visione chiara", non è una cosa saggia muoversi, poichè spesso, non si rivela davvero sempre fattibile e a bassi costi come si pensa inizialmente. 

Esportare invece, è la condotta giusta in tanti casi. Per questo, basta essere informati su dati concreti che esistono in giro, utile essere ben consigliati, e se organizzati e capaci di saper capire velocemente i paesi "obiettivo" che si intende raggiungere, molte opportunità possono far rivedere tante scelte commerciali e di riassetto organizzativo produttivo in Italia. 

Fiere internazionali e solido piano di marketing sono ai due punti chiave per stabilire strategie e azioni di pubbliche relazioni e ricerca partner e distributori. 


Chiusura

La globalizzazione non ha nulla di romantico, ma neppure nulla di drammatico per chi ha il vero gusto di intraprendere avendo come riferimento il mondo. Basta solo sapere, e non agire per paura. In tale contesto, bisogna anche tener conto che la giovane intraprendenza dei nuovi paesi entrati in scena, non si fa tanti riguardi su nulla e in ogni settore. 

Oggi, copiare e migliorare, grazie alle tecnologie è un gioco da ragazzi, e non vi sono leggi protettive che tengano. Difendere il know how si rivela grande fattore strategico. Per cui, anche chi si illude di avere un lustro passato e non ha innovato o innova, meglio vendere tutto, o concentrarsi solo a proteggere il proprio patrimonio personale prima di chiudere.

Noi rispetto al mondo, in più, il problema che abbiamo da superare in Europa, è che siamo in una Nazione non ancora Stato, che può contare di sicuro su un mercato fatto di una trentina di dialetti (lingue nazionali), dove ognuno difende ancora il suo piccolo orticello. 

Siamo vecchi in Europa, siamo vecchi e invece c'è tanto da correre. La delocalizzazione è il risultato di una aumentata competizione a livello internazionale seguita alla liberalizzazione dei flussi commerciali della UE con i paesi dell’Europa Orientale, ma partendo da qui, si è poi aperto il mondo dopo la caduta  del muro e in tanti si son persi per strada.

domenica 2 marzo 2014

43 - fine crisi: in 4 mosse virtù ed esempi

In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica. (Gandhi)

       

I problemi dell’Italia è evidente che non sono solo legati alla recessione. Essa è stata semplicemente lo scossone che ha reso palpabile la precarietà della nostra competitività. Il Pil italiano è aumentato del 55,7% negli anni Sessanta, del 45,2% negli anni Settanta, del 26,9% negli Ottanta, del 17% nei Novanta e del 2,5% nel decennio 2000-2010. Negli ultimi tre/quattro anni, addirittura lentamente diminuisce. Il nostro debito pubblico ha un numero impronunciabile! Sembra un vero scioglilingua. 

Nonostante tutto, tra i Paesi europei, siamo quello che esporta di più. Circa l'80% della popolazione ha almeno una casa di proprietà! e fino a pochi anni fa, insieme ai giapponesi, eravamo il popolo che riusciva a risparmiare di più. Nessuna nazione del mondo avanzato ha avuto untale excursus e un quadro di riferimento controverso, e così ricco di contrasti e sfumature. 

Negli ultimi anni, il declino sembra che abbia preso un volo inaspettato ma non imprevedibile. Lasciamo qui perdere cause e colpe una volta tanto, e vediamo qualche considerazione su quali sono le cose migliori che sento da specialisti e studiosi costruttivi.

Partiamo dal piccolo particolare che produciamo beni e servizi troppo poco innovativi. Non è poco, ma poco male considerando storia e cultura di questo popolo. Anche in un contesto mondiale dove l'offerta è altamente competitiva, e dove molti altri Paesi sono entrati in scena facendoci di fatto concorrenza in tutti i settori tradizionali, abbiamo ancora chance. 

Nel mio piccolo mondo, ho voluto fare delle considerazioni, pertanto visto che in Italia siamo tutti commissari tecnici, da buon italiano mi aggrego e mi sarei inventato 4 mosse per uscire dalla cosiddetta crisi, o forse meglio dire nuova realtà di partenza. 

Le vie d'uscita nella mia modesta riflessione, per quello che può contare, sembrano possibili con sole ... quattro mosse che sono di tipo: 1) macro economico politico; 2) socio culturale; 3) gestionale organizzativo; 4) soggettivo. La quarta, mi sembra la più strategica per mettere in moto qualsiasi altra mossa. Da lì a mio avviso poi, per la cura dei dettagli (dove di solito si nasconde il demonio) il resto verrà da sè.



Via d'uscita 1. Prima mossa. Ambito macroeconomico e politico in otto punti 

Se riusciamo ancora ad esportare un motivo ci sarà. In ogni modo non basta e bisogna organizzare meglio in che modo difendere le nostre "truppe d'assalto" di imprese in prima linea oltre confine.

1) Innovare intanto. Innovare riconsiderando il potenziale della rivoluzione tecnologica in atto, e vederla  come variabile strategica competitiva di tipo strutturale di ogni organizzazione aziendale pubblica e privata. Ciò aiuta a migliorare efficienza della pubblica amministrazione, e contribuisce a competere in settori produttivi del privato, dove costi bassi e margini ridotti sono ormai un dato di fatto incontestabile nell'intero scenario mondiale. 

2) La sola piccola e media impresa da sola per una Nazione moderna può fare poco. Bisogna quindi attrarre dall'estero innovazione, know how, e capitale umano adeguato per tale obiettivo. Pertanto la scuola e l'università devono avere un ruolo strategico. Come minimo a livello europeo, devono attrarre giovani, professori e ricercatori stranieri

3) Uscire dalla falsa convinzione che "piccolo è bello". Sarà anche bello, ma non è più determinante per lo sviluppo di un Paese. La piccola e media impresa, o conquista specifiche nicchie di mercato mondiale oppure può servire ben poco in questa nuova guerra fatta con nuove armi. In particolare poi, se la finanza con le sue piccole grandi follie, continuerà a guidare il mondo.

4) Ricerca scientifica in ogni ambito. Impossibile rinunciare. Nell'era moderna non è cosa da poco conto, e dato che questi settori non possono essere considerati strategici da un'azienda familiare di piccole dimensioni. Stato attraverso università ed altre strutture specializzate, insieme a grandi imprese italiane, devono collaborare in tal senso, incentivando e promuovendo progetti seri. Mossa questa teoricamente affascinante, ma praticamente difficile da percorrere a causa della nostra cultura.

5) Rivedere necessariamente le politiche fiscali e vincoli burocratici attualmente freno di ogni iniziativa che di fatto scoraggiano innovazione e investimenti. Anche il concetto di lavoro deve essere rivisitato in chiave di metodo e tecnologie utili ai diversi obiettivi. Il problema è il come, ma il problema più grande è il non confondere etica con morale di moda.

6) Riuscire ad attrarre capitali e industrie dei settori hi-tech, farmaceutici e del tempo libero per aiutare anche la nostra industria culturale e del turismo

7) Investire in logistica, infrastrutture e comunicazione informatizzata (vedi ad esempio la banda larga)

8) Quanto prima, assolutamente e radicalmente eliminare sprechi pubblici cancellando, Enti inutili, CDA incomprensibili, semplificando la burocrazia. Fantasticando lo chiamerei "progetto qualità totale pubblico" dove ogni spreco deve essere ridotto a zero, senza con questo compromettere una democrazia  efficiente e indispensabile. Anche se a dire il vero, anche sulla visione della democrazia vedo tanta confusione 



Via d'uscita 2. Seconda mossa. Ambito  socio culturale

Come già approfondito nel post 4, si parte dall'idea che in occidente, come dice Lee Yearley (Professore di Etica dell’Unuversità di Stanford) esistono tre diverse tradizioni filosofiche che guidano il nostro cammino. 

Esse sono il liberismo, il quale modello sostiene che tutto ciò che soddisfi l’individuo sia giusto; il razionalismo, che ritiene etico solo le azioni ragionevoli che risultano essere tali in tutte le situazioni; ed infine il perfezionismo, il quale orienta l’azione individuale verso dei principi da seguire, dove il comportamento, quanto più si conforma a questo ideale, tanto più è da ritenersi etico.  

Partendo quindi da questa disamina, facciamo alcune considerazioni. Se un uomo o una donna si sente orientata al bene comune in modo equilibrato (ossia senza per questo rinunciare al suo essere se stesso/a), naturalmente, dovrebbe avere dei principi che lo/la guidino a credere in una visione fatta di un mondo futuro migliore per tutti. 

In questo caso, conseguentemente, abbiamo come vincolo primario, il bene della comunità e non l’egemonia dell’individuo. Questo è dunque un razionalista che attraverso l'uso della ragione, si trova un posto nel mondo, e da qui valuta tradizione e futuro.

Tale persona, essendo orientata al bene della comunità come linea guida, si orienterà a vedere il miglioramento qualitativo delle organizzazioni e dei processi, si può concentrare nel dare contributi operativi e concreti per la gestione e la cura del territorio; l'attenzione a trovare giusti mezzi ad eliminare sprechi sarà il suo territorio fertile su cui lavorare.

Questa persona con tale orientamento, si impegnerà ad esempio (in modo concreto e preparato), allo studio di soluzioni per le riforme strutturali delle amministrazioni, della politica e delle istituzioni del bene comune. Le idee in questi ambiti possono essere tantissime. 

Il nostro Paese offre molte opportunità per migliorare efficienza ed efficacia della qualità delle politiche sociali, culturali e di buona convivenza civile. Sport, teatro, partiti, sindacati, cinema, scuola e associazioni varie di volontariato e non, sono gli spazi più adatti a questi tipi di persone con i valori tipici dei "razionali".

Se invece al contrario, un uomo o una donna, ha in mente una società, la cui formazione deve basarsi prevalentemente da persone che devono esprimere innanzitutto la loro individualità, seppur in un contesto sociale che non deve limitare nessuno, questa persona può definirsi liberale. 

In questo caso, abbiamo come vincolo primario, l’egemonia dell’individuo che come singolo, intende influire personalmente sul bene comune, pensando che prevalentemente ognuno in questo modo, attraverso sé può portare al miglioramento di ogni comunità. 

Qui passato e futuro dipende molto dal progetto che ognuno si fa della comunità. Tuttavia partendo dalla sua libera iniziativa, iniziando a vedere in chiave positive le variabili sulle quali lavorare. Da solo, può trovare modi e azioni per dare il suo contributo.

Nel caso in cui invece ci si dovesse ispirare al perfezionismo, qui le cose cambiano un po', costoro, hanno un modello ritenuto perfetto come riferimento verso il quale tutti dovrebbero dirigersi. 

Religiosi monoteisti e non di varie fedi, anche se non taleban e non necessariamente anti futuristi, pensano che un perfetto modello di riferimento possa aiutare ogni causa umana. 

Bene e male da qui possono sorgere in modo più netto e preciso; giustizia, passato e visione del futuro, hanno un peso specifico di non poco conto. Le aree di intervento, per tutti sono molteplici. Buon senso e funzionalità organizzativa a bassi costi gestionali, avrebbero anche un'anima grazie a costoro. Qui il rischio da superare, è solo quello di evitare di dividere il mondo in buoni e cattivi.



Via d'uscita 3. Terza mossa. Ambito  gestionale organizzativo

Per quest'area, vedo indispensabile che tutti gli imprenditori e chiunque si senta classe dirigente di ogni struttura organizzativa di qualsiasi tipo pubblica e privata, prenda in seria considerazione la struttura che gestisce, affrontando in modo scientifico i seguenti punti:

1) Uscire dall'idea che solo la piccola impresa da sola sia un bene; imparare a lavorare in rete;

2) Avere una visione chiara del mercato le opportunità, per individuare in modo preciso una mission;

3) Puntare all'internazionalizzazione e saper fare squadra, con piani di marketing molto strutturati;

4) Consolidare un'organizzazione razionale che sappia puntare nell'eccellenza e nell'utilizzo appropriato delle tecnologie più consone alla gestione dei processi;

5) Saper trovare giusti mezzi della gestione del rischio (risk management) che è il processo mediante il quale si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano delle strategie per governarlo. 

Stabilendo bene i cinque passi  che sono: 
5.1) Stabilire il contesto; 
5.2) Identificare i rischi; 
5.3) Analizzare i rischi; 
5.4) Valutare i rischi; 
5.5) Trovare strumenti idonei per monitorare i rischi;

6) Impostare in modo rigoroso un dettagliato controllo di gestione da monitorare con grande attenzione;

7) Evitare di far diventare le banche dei soci occulti che partecipano solo e sempre agli utili

8) Saper proteggere know how e brevetti eventuali;

9) Confrontarsi con il mondo partecipando a fiere e convegni internazionali;

10) Imparare a saper gestire la crisi di un evento negativo dipendente da sviluppi aziendali controversi. Esempi: difficoltà logistiche, sicurezza dei prodotti e incidenti tecnici, reputazione nei confronti di campagne mediatiche critiche o negative verso prodotti, servizi e dell'impresa stessa. Sempre, monitorare la fiducia degli stakeholder;

11) Imparare a gestire il mondo web e i diversi percorsi dei social

12) distruggere ogni burocrazia inutile!



Via d'uscita 4. Quarta mossa. Ambito  soggettivo. A mio avviso la più importante di tutte!

A tal proposito cito un personaggio che può offrire spunti di riflessione di non poco conto: il maestro Zen vietnamita Tich Nath Han candidato premio nobel per la pace. Il quale vede nella base dei suoi cinque addestramenti il punto focale da segui per avere presenza mentale utile al governo di ogni cosa. Egli li propone come linee guida per la difesa della libertà e come supporto alla nostra vita quotidiana. Sono visti come la base per la felicità di individui, coppie, famiglie e società.

Il Primo Addestramento alla Consapevolezza
Consapevole della sofferenza causata dalla distruzione della vita, mi impegno a coltivare la compassione e a imparare modi per proteggere la vita di persone, animali, piante e minerali. Sono determinato/a a non uccidere, a non lasciare che altri uccidano e a non legittimare alcun atto di uccisione nel mondo, nei miei pensieri e nel mio modo di vivere.

Il Secondo Addestramento alla Consapevolezza
Consapevole della sofferenza causata da sfruttamento, ingiustizia sociale, furto e oppressione, mi impegno a coltivare la gentilezza amorevole e a imparare modi per favorire il benessere di persone, animali, piante e minerali. Mi impegno a praticare la generosità, condividendo tempo, energia e risorse materiali con tutti coloro che sono in reale bisogno. Sono determinato/a a non rubare e a non possedere nulla che possa appartenere ad altri. Rispetterò la proprietà altrui, ma impedirò agli altri di trarre profitto dalla sofferenza umana o dalla sofferenza delle altre specie sulla Terra.

Il Terzo Addestramento alla Consapevolezza
Consapevole della sofferenza causata dal comportamento sessuale scorretto, mi impegno a coltivare la responsabilità e a ricercare modi per proteggere la sicurezza e l’integrità di individui, coppie, famiglie e società. Sono determinato/a a non impegnarmi in relazioni sessuali prive di amore e di impegno a lungo termine. Per mantenere la felicità mia e degli altri, sono determinato/a a rispettare i miei impegni e gli impegni altrui. Farò tutto quanto è in mio potere per proteggere i bambini dall’abuso sessuale e per proteggere coppie e famiglie dalle rotture dovute a un comportamento sessuale scorretto.

Il Quarto Addestramento alla Consapevolezza
Consapevole della sofferenza causata dal parlare non consapevole e dalla incapacità di ascoltare gli altri, mi impegno a coltivare la parola amorevole e l’ascolto profondo, allo scopo di portare gioia e felicità agli altri e confortarli nelle loro sofferenze. Sapendo che le parole possono creare felicità o sofferenza, mi impegno a imparare il parlare veritiero, usando parole che ispirino fiducia in se stessi, gioia e speranza. Sono determinato/a a non diffondere informazioni di cui non sono certo e a non criticare o condannare cose di cui non sono sicuro/a. Mi tratterrò dal pronunciare parole che possano causare divisione o discordia e che possano portare rotture in famiglia o nella comunità. Farò ogni sforzo per riconciliare e risolvere tutti i conflitti, per quanto piccoli.

Il Quinto Addestramento alla Consapevolezza
Consapevole della sofferenza causata dal consumo non consapevole, mi impegno a coltivare una buona salute, fisica e mentale, per me stesso/a, la mia famiglia e la mia società, praticando il mangiare, il bere e il consumo consapevoli. Mi impegno a ingerire solo sostanze che proteggano la pace, il benessere e la gioia nel mio corpo e nella mia coscienza, come nel corpo e nella coscienza collettivi della mia famiglia e della società. Sono determinato/a a non fare uso di alcol o di qualsiasi altro intossicante e a non assumere cibi o altre sostanze che contengano tossine, come certi programmi televisivi, riviste, libri, film o conversazioni. Sono consapevole che danneggiare il mio corpo o la mia coscienza con questi veleni è tradire i miei antenati, i miei genitori, la società e le future generazioni. Lavorerò per trasformare violenza, paura, rabbia e confusione in me stesso/a e nella società, praticando una dieta per me stesso/a e per la società. Comprendo che una dieta adeguata è essenziale per l’autotrasformazione e per la trasformazione della società.



Un esempio raro:  José Alberto "Pepe" Mujica Cordano Presidente dell'Uruguay 

Non ha bisogno di una scorta, il Presudente José Alberto "Pepe" Mujica Cordano, classe 1934. È un esempio di buona politica. Ogni mese dei 250.000 pesos (circa 10 mila euro) del suo stipendio da Capo di Stato, Mujica trattiene per sé soltanto 800 euro, che in Uruguay equivalgono allo stipendio di un impiegato bancario. Il resto dei suoi emolumenti, è devoluto ad un'istituzione che aiuta lo sviluppo delle zone più povere dell'Uruguay. Pepe, come ama farsi chiamare, è un ex guerrigliero ai tempi della dittatura di Jorge Pacheco Areco. Mujica nel marzo del 2010 ha stravinto le presidenziali con il Movimento de participación popular (Mpp). È descritto come un uomo per bene, la cui sete di vendetta non ha mai guidato le sue scelte politiche, nemmeno contro i suoi aguzzini che lo tennero in prigione per 15 anni nel terribile carcere di Punta Carretas, la Alcatraz del Cono Sur. 

Abita nella periferia di Montevideo, in una fattoria tra cavalli, mucche e galline. Quando gli chiedono il motivo di tanta austerità risponde: "Questi soldi, anche se sono pochi, mi devono bastare perché la maggior parte degli uruguaiani vive con molto meno". Anche la sua pensione di senatore, la dona in beneficenza. Zero  sprechi anche nella sua presidenza. Niente auto blu e inesistenti i parlamentari baby-pensionati. Oltre alla generosità, Pepe ha persino aperto le porte della sua residenza ufficiale ai senza tetto: ha disposto che una vasta area del Palacio Suarez y Reyes ospiti chi non ha niente. Segue un suo discorso. http://youtu.be/C5u-wa6YVbE Per il resto, no comment, basta solo riflettere per uscire non solo dal pantano, ma anche dai continui inutili lamenti di sofferenza passiva!



Un imprenditore dell'era contemporanea (tratto da biografieonline.it)

Richard Charles Nicholas Branson. Imprenditore britannico fondatore di una delle case discografiche più importanti della storia della musica contemporanea, la Virgin Records, marchio d'elezione dei Genesis, Sex Pistols e Rolling Stones. È di fatto uno degli uomini più ricchi del mondo.

Il giovanissimo Richard viene da una famiglia della middle class britannica. Durante l'adolescenza, è noto il suo fallimento scolastico soprattutto ai test di intelligenza. È proprio in questo periodo che il preside della scuola, stando ai racconti di Branson, a colloquio con i suoi genitori avrebbe parlato del loro figlio in termini quasi profetici, con una frase tra le più citate nelle biografie che lo riguardano: "questo ragazzo o finisce in galera o diventa milionario".

Poco dopo gli anni della scuola, insieme con i suoi soci decide di prendere in gestione un magazzino situato al piano superiore di un negozio di scarpe. L'idea è quella di farne un negozio di dischi a buon mercato e la cosa funziona sin da subito, anche grazie alla concessione del proprietario dell'immobile, convinto a rinunciare ai propri interessi sull'affitto.

Il negozio prende il nome che sarebbe diventato celebre: "Virgin". Già nel 1970, quando Richard Branson ha appena vent'anni, l'azienda Virgin si lancia nella vendita tramite servizio di posta, concentrandosi sui dischi e sui nastri cassetta. Due anni dopo, gli stessi soci prendono un sottoscala dell'Oxfordshire e lo trasformano nella prima sede storica della Virgin Records, che diventa un vero e proprio studio musicale, trasformandosi in etichetta discografica a tutti gli effetti.

Qualche mese dopo la fondazione della casa discografica, arriva anche il primo contratto. Mike Oldfield realizza il suo album di esordio, datato 1973: "Tubular Bells". Il disco vende circa cinque milioni di copie e segna l'inizio del grande successo della Virgin Records. Da lì a pochi anni, le band e gli artisti che la Virgin mette sotto contratto aumentano in modo esponenziale, con nomi di rilievo del panorama musicale contemporaneo: dai Sex Pistols di Sid Vicious, icona del punk inglese, sino ai Culture Club e ai Simple Minds, passando per artisti importanti come Phil Collins, Bryan Ferry e Janet Jackson, e concludendo con i mitici Rolling Stones di Mick Jagger e Keith Richards.

A partire dagli anni '90 cominciano ad arrivare le fusioni con altre società e gli investimenti negli altri campi dell'economia. Ma, soprattutto, arriva la cessione da parte di Branson della sua geniale creatura, venduta alla EMI nel 1992 per una cifra orbitante intorno ai 550 milioni di sterline. Il capitalista hippie, come viene anche chiamato, ha intenzione di dedicarsi ad un altro dei suoi grandi amori, oltre alla musica, ossia il volo. 

Così, dopo aver creato nel 1996 la V2 Records, la quale si ritaglia subito un posto nella discografia mondiale, rivolge quasi tutto il proprio interesse verso la sua compagnia aerea, la quale nasce proprio in questi anni: la Virgin Atlantic Airways. Di lì a poco nasceranno, oltre all'Atlantic, dedicata ai viaggi intercontinentali, anche la sorella low cost europea, la Virgin Express, e le due Virgin Blue e Virgin America, rispettivamente in Austrialia e negli Usa.

Nel 1993 Richard Branson riceve una laurea honoris causa in ingegneria dalla Loughborough University. Nel 1995 il gruppo Virgin fattura oltre un milione e mezzo di sterline. Tra le conquiste di Branson, in questo periodo, oltre alla compagnia aerea, c'è anche la catena dei Virgin Megastore e la Virgin Net. Al contempo però, il magnate britannico rivolge la propria attenzione a parecchie associazioni no profit, come l'Healthcare Foundation, che si batte contro la diffusione del fumo. 

Nel 1999 diviene Sir Richard Branson, nominato baronetto dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra. Nel primo decennio del 2000, si lega ad Al Gore, investendo sulle energie rinnovabili e appassionandosi alla battaglia per la difesa dell'ambiente e contro i cambiamenti del clima.

La sua ultima trovata si chiama "Virgin Galactic", la quale promette di portare nell'orbita terrestre chiunque abbia intenzione di farlo, prendendo prenotazioni per circa duecentomila sterline a passeggero. Il patrimonio di Branson, attualmente, si aggirerebbe intorno ai 4 miliardi e mezzo di dollari. A 61 anni, all'inizio del mese di luglio 2012, compie l'impresa di attraversare il canale della Manica in kite surf. Uomo pieno di risorse dunque. 

C'è quindi qualcosa di buono oltre altri elementi, persone e cose qui trascurate? Abbiamo esempi, qualora la creatività italiana dovesse essersi eventualmente temporaneamente paralizzata? Concentriamoci  sul meglio e smettiamola di fustigarci pensando solo ed esclusivamente a ciò che non funziona ... Renzi a parte ...